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DENUNTIATIO NELLA VENDITA DI QUOTE SOCIETARIE

  • Autore: Galella Avv. Gianfranco
  • 01 giu, 2023

ESERCIZIO DEL DIRITTO DI PRELAZIONE STATUTARIA MENTE PREVISTO E REVOCA DELL'OFFERTA

DENUNTIATIO NELLA VENDITA DI QUOTE SOCIETARIE, ESERCIZIO DEL DIRITTO DI PRELAZIONE STATUTARIAMENTE PREVISTO E REVOCA DELL'OFFERTA. LA FATTISPECIE ESAMINATA IN DUE DECISIONI DEL TRIBUNALE DI FROSINONE IN SEDE CAUTELARE E DEL COLLEGIO ARBITRALE COSTITUITO A SEGUITO DI CLAUSOLA COMPROMISSORIA.

Tribunale di Frosinone

Ordinanza collegiale ex art. 669 terdecies cpc del 28/10/2008

Presidente e relatore dott. G. Carlomusto

(omissis)

Parte reclamante si duole delle conclusioni cui è pervenuto il primo giudice in ordine alla tutela domandata e, segnatamente, assume che il medesimo avrebbe errato: 1) nel ritenere l'insussistenza di una controversia sulla proprietà delle quote sociali della L. srl, 2) nel negare la dedotta conclusione di un contratto di cessione delle dette quote per la genericità ed incompletezza delle dichiarazioni, 3) nel ricondurre alla clausola statutaria di prelazione solo un'efficacia obbligatoria e non reale.

Al riguardo, è opportuno precisare che l'efficacia reale o obbligatoria del patto di prelazione inserito nello statuto della L. srl non viene in considerazione ai fini dell'opponibilità del medesimo ai terzi, poiché nella fattispecie in esame non si verte in ipotesi di violazione della clausola statutaria e la prevista denuntiatio risulta, incontroversamente, essere stata effettuata.

Si tratta, invece, di qualificare giuridicamente l'intervenuta denuntiatio e di valutare gli effetti della revoca della stessa.

In primis deve evidenziarsi che in qualsiasi ipotesi di prelazione, qual che ne sia la fonte, il vincolo che viene a determinarsi a carico dell'onerato opera nel senso che il prelazionario ha diritto di essere preferito ad altri, qualora il primo si induca alla conclusione di un determinato contratto.

Non sorge, quindi, alcun obbligo immediato a carico dell'onerato, il quale rimane libero anche dì non stipulare il contratto cui si riferisce la prelazione, essendo obbligato solo a preferire, ove esso venga concluso, il prelazionario.

Tuttavia, a parere del Collegio, laddove l'onerato si determini a conclude-re il contratto ed effettui la denuntiatio, la successiva revoca dell'intento introduce, comunque, una controversia sulla proprietà, sia che si intenda riconoscere al patto di prelazione efficacia reale, sia in caso di efficacia obbligatoria.

Invero, la giurisprudenza si è ripetutamente espressa sulla qualificazione giuridica della prelazione, e le differenti ricostruzioni dell'istituto, nonché la varietà, del quadro giurisprudenziale, derivano sia dalla diversità delle fonti della prelazione (legale e volontaria), sia dalla pluralità delle prelazioni legali.

Segnatamente, la giurisprudenza, sulla base del diverso dettato normativo, ha sostanzialmente enucleato due distinte ipotesi di efficacia del patto, reale ed obbligatoria, ed ha qualificato la denuntiatio come vera e propria proposta contrattuale -nel caso di prelazione agraria- con la conseguenza che l'accettazione notificata dal titolare dello ius praelationis, determina l'automatica conclusione del contratto di vendita ai sensi dell'art. 1326 c.c., ovvero come obbligo di interpello -nel caso di prelazione urbana- con la conseguenza del sorgere di un mero obbligo di contrarre.

Infatti, nell'ipotesi di prelazione agraria, (cfr. Cass 20.04.2007 n.9519) la denuntiatio deve contenere tutte le condizioni del preliminare di vendita, e, con l'esercizio, nei trenta giorni successivi, del diritto di prelazione da parte del coltivatore, si verifica il passaggio di proprietà. Ne consegue che in tal caso, la denuntiatio, da una parte, e l'atto di esercizio della prelazione, dall'altro, hanno rispettivamente il valore di proposta contrattuale e di accettazione, ed avendo ad oggetto un bene immobile, devono essere effettuate in forma scritta a pena di nullità. Di converso, nella prelazione urbana non deve essere tra-smesso al conduttore il testo del preliminare e neppure il nominativo dei terzi con il quale questo è stato concluso la comunicazione è soltanto un elemento del particolare meccanismo predisposto dalla legge per assicurare il conduttore la possibilità di esercitare il diritto di prelazione; la formalità della comunicazione a mezzo lettera raccomandata non è imposta dalla legge a pena di nullità, per cui deve ammettersi la validità di forme equipollenti di comunicazione in base al principio della libertà delle forme; la denuntiatio può essere effettuata anche oralmente, purché della conoscenza della proposta si possa fornire - con qualsiasi mezzo - prova certa. (Cass. S. U. n.5359/1989)

In sostanza, nella prelazione ad efficacia obbligatoria la denuntiatio risulta un atto dovuto volto a mettere il conduttore in condizione di esercitare il diritto di prelazione e l'adesione del conduttore non va considerata come accettazione, ma come esercizio del diritto di prelazione richiedente l'offerta di condizioni uguali a quelle comunicate dal proprietario.

In ogni caso, in detta ipotesi la denuntiatio non si risolve in una comunicazione di generico intento volta a sondare il pensiero del conduttore.

Il positivo esercizio del diritto di prelazione comporta per il proprietario la specifica obbligazione di stipula del contratto, rendendo necessaria la sua, cooperazione e, con l'atto unilaterale di esercizio della prelazione il conduttore non acquista immediatamente la proprietà dell'immobile, ma solo il diritto ex lege alla successiva conclusione del contratto, con possibilità di tutela ex art 2932 cc.

Alla luce di tali considerazioni, anche a voler ricondurre alla clausola prevista dall'art 7 dello Statuto della L. srl un'efficacia meramente obbligatoria, la presente lite sugli effetti della successiva "rinuncia alla vendita", manifestata dal F. con il telegramma del 26.03.2008, ha introdotto, comunque, una controversia sulla proprietà.

Infatti, la quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata, pur non configurandosi come bene materiale al pari dell'azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di diritti e non come un mero diritto di credito.

 La stessa esprime una posizione contrattuale obiettivata che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell'art. 812 cod. civ., onde ad essa possono applicarsi, a norma dell'art. 813 cod. civ., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene.

Inoltre, secondo costante interpretazione giurisprudenziale, ai sensi dell'art. 670, n. I c.p.c., ricorre controversia sulla proprietà o sul possesso, non solo nell'ipotesi di esperimento delle tipiche azioni di rivendicazione, reintegrazione o manutenzione, ma anche nel caso in cui sia stata proposta, o debba proporsi, un'azione contrattuale che richieda una statuizione sulla proprietà, co-me l'azione avente ad oggetto l'esecuzione specifica dì un contratto preliminare di compravendita ex art. 2932 c.c. (Cass., 20-10-1984, n. 5305).

Passando all'esame degli ulteriori motivi di reclamo, nei limiti della sommaria delibazione consentita dalla fase, può ritenersi che le rispettive dichiarazioni delle parti contengono i requisiti sufficienti per la determinazione del loro oggetto: offerta di vendita con espresso richiamo all'art. 7 dello statuto societario, dell'intera quota detenuta dal F, al terzo R. B., al prezzo di ? 55.000,00- offerta di acquisto delle reclamanti, in proporzione alla propria quota. Il richiamo al rapporto con la quota posseduta da ciascuna reclamante rende la dichiarazione delle resistenti determinabile con una mera operazione matematica.

Non si condivide la prospettazione di parte reclamata in ordine alla dedotta indeterminatezza delle dichiarazioni, asseritamente derivante dall'indicazione delle resistenti di voler esercitare la prelazione, in caso di mancato esercizio da parte dell'altro socio G. M., anche per la parte di sua spettanza, trattandosi di mera sottoposizione delle dichiarazioni a condizione.

Quanto alla tempestività delle dichiarazioni, appare dirimente il rilievo che la notifica a mezzo ufficiale giudiziario è stata effettuata con consegna ai sensi dell'art 139 cpc al portiere, nei termini previsti dalla clausola statutaria e la prova della ricezione emerge dall'intervenuta risposta del F, con il citato telegramma del 26.03.2008.

Va, infine valutato il fumus della possibilità di revoca della denuntiatio.

Come già osservato, anche a non voler ricondurre alla prelazione societaria effetti reali, nell'ipotesi di efficacia obbligatoria l'onerato, una volta decisosi al trasferimento è tenuto a darne comunicazione alla controparte per consentire l'esercizio del diritto di prelazione. Orbene, se per l'esercizio di tale diritto è stato convenzionalmente fissato un certo termine (nei contratti societari si tratta di tutelare un "intuitus personae" collegato all' interesse a conservare una particolare omogeneità della compagine sociale e finalizzato a permettere una completa valutazione dell'opportunità di nuovi ingressi) è logico ritenere che in pendenza dello stesso l'onerato resti vincolato in attesa della determina-zione del titolare del diritto.

La revoca è manifestazione di autonomia privata e quindi di esercizio di una facoltà, come tale mal si concilia con la denuntiatio quale atto unilaterale di adempimento di obbligo destinato a rendere attuale l'altrui diritto soggettivo. A maggior ragione nessuna revoca e ammissibile in data successiva alla dichiarazione di prelazione, essendo il proprietario definitivamente vincolato alla stipula del contratto.

In punto di periculum, il sequestro giudiziario non presuppone un'inadempienza in atto, mentre, come già osservato, alla quota fanno capo, insieme con i relativi doveri, tutti i diritti nei quali si compendia lo status di socio, non riducibili a mere posizioni creditorie e, pertanto, quando ne sia controversa la titolarità, proprio la possibilità per il singolo socio di influenzare e condizionare con l'esercizio dei poteri riconosciutigli dalla legge l'andamento della compagine sociale rende opportuno che, in attesa della definizione della controversia sulla titolarità della quota, tali poteri-ivi compreso quello di intervenire in assemblea e di esprimervi il voto - destinati ad incidere su un'entità dinamica qual è la società, siano esercitati da un gestore imparziale e disinteressato.

La configurabilità del pregiudizio può, infatti, ritenersi intimamente connessa proprio con la natura dinamica del bene società-aziende, rispetto al quale, assume carattere funzionale un controllo finalizzato alla conservazione di ogni sua componente economico-finanziaria.

Alla stregua di quanto precedentemente osservato, il reclamo proposto dalle sigg.re T S. e N. C. appare meritevole di accoglimento, e l'ordinanza del 18.07 2008 resa nel proc. n.1254/08 RG va revocata, disponendo il sequestro giudiziario della quota di partecipazione nella L. srl del sig. A. F., del valore nominale di euro 3.085,42 e nominando custode della stessa il dott. F. R., con studio in (omissis) che curerà l'iscrizione del presente provvedimento nel libro dei soci. Va, altresì, fissato il termine perentorio di g8.60 per l'inizio del giudizio di merito, decorrente dalla comunicazione della presente ordinanza.

Spese alla statuizione definitiva.

(omissis)

LODO ARBITRALE del 25/6/2010

Il Collegio arbitrale composto dai Signori: prof. avv. Andrea Di Porto (Presidente) avv. Alessia Fiore (Arbitro) avv. Gianfranco Galella (Arbitro) per la risoluzione della controversia insorta

tra

le Signore T. S., (omissis), e N. C., (omissis), entrambe rappresentate e difese dall'avv. M. P. ed elettivamente domiciliate presso il suo studio in (omissis);

e il Signor A. F., (omissis), rappresentato e difeso dall'avv. F. F. ed elettiva-mente domiciliato presso il suo studio in (omissis);

in dipendenza dell'articolo 7 dello statuto della "L. S.r.l." - con sede in Patrica, via Ferruccia n. 19, (omissis) — avente ad oggetto la disciplina ed i limiti del diritto di prelazione a favore degli altri soci, qualora un socio intenda alienare in tutto od in parte la propria quota;

in forza della clausola compromissoria contenuta nell'art. 16 del suddetto statuto della "L. S.r.l." — allegato al verbale di assemblea redatto in data 16 novembre 2006 dal Notaio G. P di Frosinone (Rep. n. 61810 - Racc. n. 13844) — di seguito riportata: «Tutte le controversie che dovessero insorgere tra la società ed i singoli soci, ovvero tra i soci medesimi, nonché tra la società egli eredi di un socio defunto o tra questi ultimi egli altri soci, e che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al contratto sociale, saranno deferite al giudizio di un Collegio arbitra-le; detto Collegio sarà composto da tre arbitri nominati dal Presidente del Tribunale del luogo in cui la Società ha la sede legale, il quale provvederà anche alla designazione del Presidente. Gli arbitri decideranno in via rituale e secondo diritto ed a maggioranza. Sede del procedimento arbitrale sopra disciplinato sarà il Comune in cui ha se de la Società»;

ha pronunciato, deliberando in conferenza personale nella riunione del 25 giugno 2010, in Roma, presso lo studio del Presidente, in via Guido d'Arezzo n. 2, il seguente

LODO ARBITRALE

***

1. La fase cautelare precedente alla procedura arbitrale.

1.1. Il ricorso per sequestro giudiziario di quote della L. S.r.l. proposto dalle Signore S. e C. ed il decreto del Giudice cautelare monocratico. Le Signore S. e C., con ricorso ex art. 610 c.p.c. depositato presso la Cancelleria del Tribunale di Frosinone il 9 aprile 2008, hanno chiesto il sequestro giudiziario «della quota di partecipazione nella L. S.r.l., del valore nominale di curo 2.085,42, già nella titolarità di F. A.».

A sostegno di tale richiesta, le ricorrenti hanno allegato:

a) di essere socie della "L. S.r.l.";

b) di avere ricevuto una lettera datata 13 marzo 2008, con cui il Signor A. E, socio della stessa "L. S.r.l.", comunicava ad esse Signore S. e C., nonché al Signor G. M., anch'egli socio della predetta società, di aver raggiunto con il Signor R. B. un accordo per la cessione della totalità delle proprie quote, preannunciando che allo spirare del termine previsto avrebbe proceduto alla formalizzazione di tale cessione;

c) di avere risposto a tale lettera, inviando al Signor E, dapprima, un tele-gramma, successivamente, una lettera, ed infine, un atto di comunicazione e significazione, con cui dichiaravano di voler esercitare il diritto di prelazione attribuito ai soci dall'art. 7 dello statuto della "L. S.r.l.' ed invitavano lo stesso Signor F. a recarsi presso lo studio del Notaio P. di Frosinone, per procedere al-la ripetizione in forma notarile del contratto già perfezionatosi per effetto della loro dichiarazione di esercizio della prelazione;

d) di avere successivamente ricevuto dal Signor F. un telegramma con cui lo stesso comunicava di rinunciare alla cessione delle proprie quote.

Sulla base di tali circostanze, le Signore S. e C. hanno dedotto che si sarebbe concluso, tra il Signor F. ed esse ricorrenti, un contratto di cessione delle quote poste in vendita con la lettera del 13 marzo 2008, da qualificarsi come denuntiatio e quindi come proposta, essendo irrilevante la successiva revoca della stessa, in quanto pervenuta dopo l'accettazione più volte manifestata dalle stesse ricorrenti, con telegramma, lettera ed atto di comunicazione e significazione.

Radicatosi il contraddittorio, disposta la comparizione delle parti e concesso termine per il deposito di memorie, il Giudice designato, con decreto in data 18 luglio 2008, ha rigettato la richiesta di sequestro ritenendo che, nel caso, difetterebbe il presupposto della sussistenza di una controversia sulla proprietà della res. Ciò, in quanto la clausola di prelazione pattizia, come quella contenuta in uno statuto sociale, avrebbe efficacia solo obbligatoria, e quindi potrebbe tutt'al più determinare, a favore dei prelazionari a cui non sia stata comunicata la denuntiatio, il diritto al risarcimento del danno.

1.2. Il reclamo e la decisione del Tribunale in composizione collegiale.

Avverso il suddetto decreto di rigetto, le Signore S. e C. hanno proposto reclamo al Tribunale in composizione collegiale, domandando, in riforma del medesimo decreto, di accogliere la richiesta di sequestro giudiziario delle quote sociali oggetto di lite.

Il Tribunale, con ordinanza depositata in data 22 ottobre 2008, ha affermato che:

- nel caso, è del tutto irrilevante stabilire se il patto sociale di prelazione abbia natura reale od obbligatoria, posto che «la prevista denuntiatio risulta, incontroversamente, essere stata effettuata»;

- le dichiarazioni delle parti «contengono i requisiti sufficienti per la determinazione del-loro oggetto: offerta di vendita, con espresso richiamo all'art. 7 dello statuto societario, dell'intera quota detenuta dal F. al terzo R. B., al prezzo di euro 55.000,00 — offerta di acquisto delle reclamanti, in proporzione alla propria quota»;

- «nessuna revoca [della denuntiatio] è ammissibile in data successiva alla dichiarazione di prelazione, essendo il proprietario [cedente] definitivamente vincolato alla stipula del contratto [di cessione della quota sociale]».

Sulla base di tali affermazioni, il Tribunale ha ordinato il sequestro giudiziario della quota della "L. S.r.l." oggetto di lite, fissando il termine perentorio di giorni sessanta, a decorrere dalla comunicazione dell'ordinanza, per l'inizio del giudizio di merito.

2. L'instaurazione della procedura arbitrale.

2.1. La domanda di arbitrato proposta dalle Signore S. e C.. Alla luce della riportata clausola compromissoria contenuta nell'art. 16 dello statuto della "L. S.r.l.", le Signore S. e C., con domanda di arbitrato notificata in data 5 dicembre 2008, hanno formalmente comunicato al Signor F. la «loro volontà di dare ingresso e promuovere il procedimento arbitrale», preannunciando che avrebbero sottoposto al costituendo Collegio (per la cui no-mina, si riservavano di presentare istanza al Presidente del Tribunale di Frosinone), «con riserva di aggiungere, variare e meglio argomentare nel corso del procedimento», i quesiti di seguito riportati.

1) Dica il Collegio arbitrale se, per effetto delle dichiarazioni di accettazione della denuntiatio fatta da F. A., con raccomandate A.R. spedite il 12/3/2008 e pervenute il 14/3/2008 (dichiarazioni rese dalle istanti con tele-grammi del 18 e 19/3/2008, con raccomandata A.R. spedita il 18/3/2008 e con atto notificato a mezzo dell'Ufficiale Giudiziario addetto al Tribunale di Tivoli in data 21/3/2008), si sia perfezionato il contratto di cessione della quota di partecipazione del medesimo F. A. nella L. s.r.l., del valore nominale di euro 2.085,42, in favore delle istanti, e se per l'effetto - tenuto conto del fatto che l'altro socio Dr. M. G. non ha esercitato il diritto di prelazione spettante-gli — S. T. abbia acquistato da F. A. una quota del valore nominale di euro 1.444,70 (per la quale si rinnova l'offerta di pagamento del relativo prezzo di euro 38.101,92), mentre C. N. abbia acquistato dal medesimo F. A. una quota del valore nominale di euro 640,72 (per la quale si rinnova l'offerta di pagamento del relativo prezzo di euro 16.898,08).

2) In via subordinata dica il Collegio Arbitrale se per effetto delle dichiarazioni di accettazione della denuntiatio fatta da F. A. con raccomandate A.R. spedite il 12/3/2008 e pervenute il 14/3/2008 (dichiarazioni rese dalle istanti con telegrammi del 18 e 19/3/2008, con raccomandata A.R. spedita il 18/3/2008 e con atto notificato a mezzo dell'Ufficiale Giudiziario addetto al Tribunale di Tivoli in data 21/3/2008), sia sorto l'obbligo in capo a F. A. di concludere il contratto di cessione della sua quota di partecipazione nella L. s.r.l., del valore nominale di euro 2.085,42, in favore delle istanti, e conseguentemente emetta ex art. 2932 c.c. lodo arbitrale che stia in luogo del contratto non concluso, così trasferendo o dichiarando trasferita la titolarità della predetta quota di partecipazione - tenuto conto che l'altro socio Dr. M. G. non ha esercitato il diritto di prelazione spettantegli - in favore di S. T quanto a quota del valore nominale di euro 1.44-4,70 (per la quale si rinnova l'offerta di pagamento del relativo prezzo di euro 38.101,92), e di C. N. quanto a quota del valore nominale di euro 640,72 (per la quale si rinnova l'offerta di paga-mento del relativo prezzo di euro 16.898,08).

3) Dica il Collegio Arbitrale se F. A. sia tenuto alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa nel presente procedimento arbitrale, nonché delle spese afferenti il procedimento di sequestro giudiziario della quota distinto al n. 1254/2008 e (quanto alla fase di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c.) al n. 2660/08 R.G. Tribunale di Frosinone, nonché delle spese da liquidarsi in favo-re del custode giudiziario Dr. F. R. e di ogni altra spesa per l'attuazione del sequestro giudiziario, nonché infine del procedimento ex art. 810 c.p.c. rubricato al n. 1149/08 R.G. Tribunale di Frosinone, emettendo la conseguenziale statuizione di condanna.

4) Dica il Collegio Arbitrale se F. A. sia tenuto alla rifusione delle spese di funzionamento del Collegio Arbitrale, emettendo la conseguenziale statuizione di condanna».

2.3. L'istanza di nomina degli arbitri proposta dalle Signore S. e C. ed il provvedimento del Presidente del Tribunale di Frosinone.

Successivamente, con ricorso ex art. 810 c.p.c. depositato presso la. Cancelleria del Tribunale di Frosinone il 22 dicembre 2008, le Signore S. e C., premettendo di avere dato esecuzione al sequestro giudiziario disposto con l'ordinanza del 22 ottobre 2008, nonché di avere instaurato il giudizio di merito mediante la domanda di arbitrato notificata in data 5 dicembre 2008, hanno chiesto al Presidente del predetto Tribunale di nominare tre Arbitri, di cui uno con funzioni di Presidente, al fine della costituzione del Collegio arbitrale previsto dalla riportata clausola compromissoria contenuta nell'art. 16 dello Statuto della "L. S.r.l.".

Il Presidente del Tribunale di Frosinone, con ordinanza depositata in data 12 marzo 2009, ha quindi nominato quali arbitri:

- il prof. avv. Andrea Di Porto, con funzioni di Presidente;

l'avv. Alessia Fiore;

- l'avv. Gianfranco Galella.

3. Lo svolgimento del giudizio arbitrale.

3.1. La costituzione del Collegio e l'assegnazione alle parti dei termini per il deposito di memorie e la produzione di documenti.

Alla luce della suddetta ordinanza, con verbale in data 25 giugno 2009:

- i signori: prof. avv. Andrea Di Porto, avv. Alessia Fiore e avv. Gianfranco Galella hanno dichiarato di accettare le rispettive nomine e si sono costituiti in Collegio arbitrale;

- i legali delle parti, avv. M. P. per le Signore S. e C., avv. F. F. per il Signor F., hanno dato atto della regolare costituzione dello stesso Collegio arbitrale, prendendo atto che la sede dell'arbitrato, ai sensi della clausola compromissoria, è fissata in Patrica (FR), in quanto Comune ove ha sede la "L. S.r.l.", e che il Collegio si è riservata la facoltà di svolgere le udienze, in Roma, presso lo studio del Presidente, ovvero in Frosinone, presso lo studio dell'arbitro avv. Galella.

Il Collegio, quindi:

a) ha fissato la propria sede in Patrica (FR), presso lo studio dell'avv. D. S., in via Cardigna n. 51;

b) ha nominato segretario l'avv. S. L., che ha dichiarato di accettare la nomina;

c) ha assegnato alle parti i seguenti termini:

- alle signore T S. e N. C., sino al 10 luglio 2009, per il deposito di una memoria contenente la formulazione ed illustrazione dei propri quesiti e delle proprie domande, la esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni dei quesiti e delle domande stessi, le richieste istruttorie, nonché per il deposito di documenti;

- al signor F. A., sino al 31 luglio 2009, per il deposito di una memoria contenente la presa di posizione sui fatti e sugli elementi di diritto posti dalla controparte a fondamento dei suoi quesiti e delle sue domande, la formulazione ed illustrazione dei propri quesiti e delle proprie domande, la esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni dei quesiti e delle domande stessi, le richieste istruttorie, nonché per il deposito di documenti;

- alle signore T. S. e N. C. ed al Sig. A. E, sino al 18 settembre 2009, per il deposito di memorie di replica a contenuto istruttorio e di merito, nonché di eventuali documenti in replica;

d) ha fissato l'udienza dell'8 ottobre 2009, per la comparizione delle parti, anche al fine dell'eventuale interrogatorio libero e del tentativo di conciliazione, e per la trattazione.

Gli Arbitri, inoltre, hanno autorizzato il Presidente del Collegio a deliberare i provvedimenti per lo svolgimento della procedura arbitrale, di impulso, ordinatori, di rinvio delle udienze e dei termini a difesa, nonché istruttori.

3.2. Le prime memorie depositate dalle parti e le relative produzioni documentali.

3.2.1. Le Signore T S. e N. C., con memoria in data 7 luglio 2009:

a) hanno riportato un ampio stralcio del ricorso per sequestro giudiziario introduttivo della ricordata fase cautelare precedente alla procedura arbitra-le;

b) hanno ricordato l'ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Frosinone in composizione collegiale, la domanda di arbitrato, il ricorso ex art. 810 c.p.c. e la nomina degli arbitri;

c) hanno ribadito le ragioni di diritto a sostegno della domanda principale, di accertamento dell'avvenuto perfezionamento del contratto di cessione della quota della "L. S.r.l." oggetto di lite, per effetto dell'accettazione, da parte di esse Signore T. S. e N. C., della denuntiatio fatta dal Signor E;

d) hanno poi sostenuto, in via subordinata, che l'accettazione della denuntiatio avrebbe quanto meno determinato l'insorgere, a carico del Signor F., dell'obbligo di stipulare un contratto di cessione della quota della "L. S.r.l.", suscettibile di esecuzione ex art. 2932 c.c.;

e) hanno infine riprodotto i quesiti sottoposti al Collegio, nella medesima formulazione contenuta nella domanda di arbitrato. le Signore T S. e N. C., inoltre, hanno prodotto n. 27 documenti indicati in calce alla suddetta memoria in data 7 luglio 2009.

3.2.2. Il Signor F., con memoria in data 29 luglio 2009, dopo aver illustrato i fatti oggetto di giudizio, ha sostenuto che:

a) la prelazione pattizia prevista dallo statuto della "L. S.r.l.", per l'ipotesi di inadempimento, determinerebbe solo l'insorgere di un diritto risarcitorio, nel caso insussistente, in quanto la quota sociale de qua non è mai stata ceduta a terzi;

b) l'accordo tra esso F. e le Signore T S. e N. C., comunque, non si sarebbe perfezionato, difettando, nella denuntiatio e negli atti di accettazione, i requisiti necessari ad integrare il contratto;

c) il contratto sarebbe in ogni caso nullo, per la carenza di volontà, da parte di esso F., di cedere la propria quota sociale;

- vi sarebbe, poi, una «lesione ultra dimidium» in quanto sarebbe stato «taciuto al Sig. F. la possibilità di un'eventuale seconda vendita ed la sottoscrizione del contratto di locazione stipulato a far data dal 01/04/08, per un importo di circa 190.000». Contratto di cui chiede al Collegio di ordinare la produzione, senza peraltro fornire ulteriori indicazioni in ordine alle parti stipulanti, all'oggetto ed ai termini;

d) l'azione ex art. 2932 c. c., infine, non sarebbe esperibile nell'ipotesi di prelazione volontaria.

Alla luce di ciò, il Signor F. ha formulato le conclusioni di seguito riportate.

«1) Accerti e dichiari il Collegio che il contratto di cessione delle quote della società L. S.r.l., in proprietà del Sig. A. F. non si è perfezionato per mancata corrispondenza tra l'offerta (denuntiatio) e l'accettazione.

2) Accerti e dichiari il Collegio il carattere non vincolante della dichiarazione di cui all'art. 7 dello Statuto della società L. s.r.l. essendo la "PRELAZIONE VOLONTARIA" di natura meramente obbligatoria e non vincolante.

3) Accerti e dichiari il Collegio la inapplicabilità della disciplina contenuta nell'art. 2932 c.c. alla presente fattispecie.

4) Nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande svolte da contro-parte, accerti e dichiari che il prezzo indicato è minore della metà del valore effettivo delle quote di cui si controverte e per l'effetto dichiari nullo l'eventuale intervenuto contratto.

5) Accerti e dichiari il Collegio, alla luce delle vicende, vi è carenza di volontà nell'eventuale intervenuto accordo e per l'effetto dichiari nullo il contratto.

6) Comunque, accerti e dichiari il Collegio, in accoglimento delle domande di cui sopra, il diritto del Sig. A. F. alla rifusione delle spese di tutti i gradi di giudizio, che si rimette, per quel che concerne il precedenti, all'equo apprezzamento del Collegio stesso».

Il Signor F., inoltre, ha prodotto n. 5 documenti indicati in calce alla suddetta memoria in data 29 luglio 2009.

3.3. Le memorie di replica.

3.3.1. Le Signore T S. e N. C., con memoria in data 12 settembre 2009, hanno replicato alla prima memoria del Signor F, deducendo che:

a1) la clausola di prelazione contenuta nell'atto costitutivo o nello statuto di una società di capitali avrebbe efficacia reale;

b1) sarebbe comunque irrilevante stabilire se, nel caso, la prelazione ha efficacia reale ovvero obbligatoria, in quanto la denuntiatio è stata comunicata nei termini statutariamente previsti, per cui oggetto di lite non è la conseguenza della violazione della prelazione, bensì la conclusione del contratto di cessione della quota per effetto dell'accettazione della predetta denuntiatio da parte dei prelazionari;

c1) la comunicazione di revoca della denuntiatio, essendo intervenuta successivamente all'accettazione, ai fini del presente giudizio, sarebbe irrilevante;

d1) la mancata conclusione del contratto di cessione con il terzo indicato nella medesima denuntiatio, sarebbe parimenti irrilevante: l'eventuale stipula di tale contratto avrebbe infatti determinato, in aggiunta al mancato riconoscimento della conclusione del contratto con i prelazionari, la violazione della prelazione statutaria;

e1) la denuntiatio sarebbe stata precisa e completa, indicando l'oggetto della cessione, il prezzo e l'identità dell'eventuale terzo cessionario;

f1) anche la dichiarazione di accettazione sarebbe stata precisa: la circostanza che detta accettazione sarebbe stata fatta in proporzione alle quote di rispettiva titolarità delle Signore T S. e N. C., ed anche per la parte per cui gli altri soci non avessero eventualmente esercitato la prelazione, renderebbe comunque determinabile l'oggetto della cessione (ovvero dell'obbligo di contrarre);

g1) la sproporzione del prezzo lamentata dal Signor F. non potrebbe neppure teoricamente dar luogo a nullità del contratto. In ogni caso, lo stesso Signor F. non fa riferimento ad un proprio stato di bisogno ed all'approfittamento di tale stato da parte delle Signore T S. e N. C.. E comunque l'azione rescissoria sarebbe prescritta, essendo decorso il termine annuale previsto dall'art. 1449, comma .1, c.c.

Tanto dedotto, le Signore T. S. e N. C., rimettendosi al Collegio in ordine all'effetto, traslativo ovvero obbligatorio, determinato dall'accettazione della denuntiatio, hanno nuovamente riprodotto i quesiti sottoposti al Collegio, nella medesima formulazione contenuta nella domanda di arbitrato e nella precedente prima memoria.

3.3.2. Il Signor E, con memoria in data 11 settembre 2009, ha replicato alla prima memoria del Signore T. S. e N. C. deducendo che:

a1) il Signor R. B., terzo acquirente della quota sociale per cui è controversia, sarebbe affine di esso F. in quanto figlio della Signora E. P, coniugata con il medesimo F. dal 2007. Tale rapporto di affinità escluderebbe, ai sensi dell'art. 7 dello statuto della "L. S.r.l.", l'applicabilità della clausola di prelazione. Di talché, la denuntiatio sarebbe una «semplice comunicazione», che non avrebbe attribuito «alcun diritto di prelazione nelle Sigg.re S. e C.»;

b1) in ogni caso, in ipotesi di prelazione volontaria, la denuntiatio non avrebbe natura di proposta contrattuale, essendo solo preordinata a verificare se i prelazionari siano disponibili ad accettare le condizioni di vendita offerte al terzo, «per decidere in un secondo momento se addivenire o no alla sottoscrizione»;

c1) le Signore T. S. e N. C., poi, oltre ad esercitare la prelazione in proporzione alle rispettive quote, manifestando la volontà di acquistare anche la parte per cui il quarto socio non avesse inteso a sua volta esercitare la prelazione, avrebbero formulato «una vera e propria nuova proposta di acquisto», difforme dalla denuntiatio e non accettata dal Signor E. Non si sarebbe pertanto concluso il contratto di cessione;

d1) la suddetta circostanza rileverebbe anche sotto il profilo della indeterminabilità del numero degli acquirenti, che pure impedirebbe di ritenere concluso il contratto di cessione;

e1) infine, l'insussistenza dell'accordo e l'indeterminabilità del numero degli acquirenti, escluderebbero pure l'applicabilità dell'art. 2932 c.c. Tanto dedotto, il Signor F. ha così concluso: «Si insiste pertanto nell'accoglimento delle domande già rassegnate».

3.3. L'udienza di trattazione.

All'udienza di trattazione dell'8 ottobre 2009, i difensori delle parti hanno discusso la controversia.

Il difensore delle Signore T. S. e N. C., relativamente all'argomento, contenuto nella memoria di replica avversaria, secondo cui la clausola statutaria di prelazione non avrebbe dovuto operare in quanto il terzo acquirente della quota del E, Signor R. B., sarebbe stato figlio della moglie dello stesso E, ha dedotto che il rapporto di affinità non sarebbe documentato e, comunque, ha rilevato che lo stesso rapporto, ove sussistente, non inciderebbe sulla vicenda. contro-versa, tanto più in considerazione delle domande formulate dal E.

Il difensore del Signor E, in ordine al suddetto argomento, ha dichiarato di «non aver potuto compiutamente provare» il rapporto di affinità tra il F. ed il B. ed ha chiesto di depositare il certificato di matrimonio tra il Signor E e la Signora E. P..

A tale richiesta non si è opposto il difensore delle Signore T. S. e N. C., il quale ha inoltre dichiarato che «è incontroverso il rapporto di filiazione tra il Sig. R. B. e la Sig.ra E. P».

Entrambi i difensori, poi, concordando «sul fatto che il thema decidendum si possa considerare cristallizzato», hanno chiesto termine per il deposito di una memoria conclusionale contenente anche la precisazione delle conclusioni.

Il Collegio, quindi, ha trattenuto la causa in decisione concedendo alle parti termine fino al 30 ottobre 2009 per il deposito di una memoria conclusionale contenente anche la precisazione delle conclusioni.

3.4. Le memorie conclusionali.

3.4.1. Le Signore T. S. e N. C., nella loro memoria conclusionale, chiedendo l'accoglimento dei propri quesiti ed il rigetto. di quelli avversari, hanno affermato che:

- la riconosciuta circostanza dell'esistenza di un rapporto di affinità tra il Signor Ferrigato ed il terzo acquirente R. B. sarebbe irrilevante ai fini del decidere, perché: I) la denuntiatio non potrebbe essere considerata come mera comunicazione, avendo invece valore di proposta contrattuale che, una volta accettata, determina la conclusione del contratto; II) la denuntiatio, comunque, sarebbe stata comunicata dal F. ai soci prelazionari per errore di diritto, sull'esistenza del rapporto di affinità, non riconoscibile dalle contraenti T S. e N. C. e quindi non idoneo, ai sensi dell'art. 1428 c.c., a determinare l'annulla-mento della cessione della quota per cui è causa; III) il Signor E, in ogni caso, non avrebbe proposto domanda di annullamento del contratto e non potrebbe più proporre una simile domanda avendo le parti concordato sulla cristallizzazione del thema decidendum;

- la natura reale od obbligatoria della denuntiatio e la revoca della medesi-ma sarebbero irrilevanti, per le ragioni già illustrate nelle precedenti memorie;

- la denuntiatio e la relativa accettazione sarebbero perfettamente consonanti, come già riconosciuto dal Tribunale di Frosinone nell'ordinanza collegiale del 22 ottobre 2008.

3.4.2. Il Signor E, nella propria memoria conclusionale, ha formulato le domande di seguito riportate.

«Piaccia all'Ecc.mo Collegio Arbitrale adito, contrariis reiectis,

1) rigettare le domande proposte dalla Signora T S. e N. C. perché infondate sia in fatto sia in diritto.

2) Accerti e dichiari il Collegio il carattere non vincolante della dichiara-zione di cui all'art. 7 dello Statuto della società L. s.r.l. essendo la prelazione volontaria di natura meramente obbligatoria e non vincolante.

3) Accerti e dichiari il Collegio che la accettazione così come espressa nelle varie modalità dalle sigg.re T. S. e N. C. è contraddittoria e contiene comunque una nuova proposta e per l'effetto dichiarare non perfezionato il contratto di cessione così come invocato dalle sigg.re T. S. e N. C..

4) Accerti e dichiari il Collegio che il contratto di cessione delle quote della società L. S.r.l., in proprietà del Sig. A. F., non si è perfezionato per mancata corrispondenza tra l'offerta e l'accettazione e/o comunque per carenza degli elementi essenziali e/o accidentali di cui all'art. 1326 cod. civ.

5) Accerti e dichiari il Collegio la inapplicabilità della disciplina contenuta nell'art. 2932 c.c. alla presente fattispecie per i motivi di cui a ns/ prece-denti scritti. 6) Nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande svolte dalla controparte: // a) Dichiarare nullo e/o annullare il contratto per carenza dei presupposti dell'obbligo e specificamente per errore sulla persona. // b) accerti e dichiari che il prezzo indicato è minore della metà del valore effettivo delle quote di cui si controverte e per l'effetto dichiari nullo l'eventuale intervenuto contratto.

7) Accerti e dichiari il Collegio, che vi è carenza di volontà nell'eventuale intervenuto accordo e per l'effetto dichiari nullo il contratto.

8) Accerti e dichiari il Collegio, in accoglimento delle domande di cui sopra il diritto del Sig. A. F. alla rifusione delle spese di tutti i gradi di giudizio, che si rimette, per quel che concerne il precedenti, all'equo apprezzamento del Collegio stesso.»

A sostegno di tali domande, Il Signor F. ha affermato che:

- «allo stato pacifico era ed è tra le parti che il valore della quota e della società è quello dichiarato dal F.»;

- l'estensione dell'accettazione anche alle quote eventualmente «non prelazionate» dagli altri soci avrebbe determinato una diversità rispetto alla denuntiatio che avrebbe impedito il perfezionarsi dell'accordo sulla cessione della quota per cui è causa;

- la qualità di affine del terzo acquirente sarebbe un errore riconoscibile dalle Signore T. S. e N. C., che avrebbe quindi determinato la nullità o l'annullamento del contratto di cessione.

* * *

Motivi della decisione

4. La ricostruzione dei rapporti intercorsi tra le parti.

La decisione della presente controversia passa attraverso la ricostruzione, ad opera del Collegio, dei rapporti societari intercorsi fra le parti nell'ambito della "L. S.r.l.”.

A) Soci della "L. S.r.l.", alla data del 12 marzo 2008, sono, con la quota di partecipazione al capitale sociale indicata dopo ciascuno di essi, i signori:. E. P. (22,34%), la quale ricopre anche la carica di amministratore unico, A. F. (20,05%), G. M. (18,75), T. S. (20,06%) e N. C. (18,80%) (visura camerale, doc. 26 prod. S.-C.).

B) L'art. 7 dello statuto sociale contiene la seguente clausola. «I soci potranno esercitare il diritto di prelazione nel caso in cui un socio intenda alienare in tutto o in parte la propria quota o i propri diritti di opzione per aumento di capitale a persona allo stesso non legata da vincoli di parentela, affinità o coniugio e disponga di offerta impegnativa da parte di un acquirente.

L'offerente dovrà darne comunicazione con lettera raccomandata agli aventi diritto di prelazione, indicando l'offerta ed il nominativo dell'acquirente. I soci disporranno di 8 (otto) giorni di tempo dal ricevimento dell'offerta per esercitare, mediante lettera raccomandata, il diritto di prelazione in rapporto al numero delle quote possedute» (statuto, doc. 27 prod. S. C.).

C) Il Signor A. F., in data 12 marzo 2008, invia lettere raccomandate a.r., datate «13/03/2008» ai Signori: E. P., T S., N. C. e G. M., aventi ad oggetto «Comunicazione ai sensi dell'art. 7 Statuto L. S.r.l.» (docc. 12-13 prod. S. C.). Il contenuto di tali lettere è il seguente. «Egregi Sigg.ri Soci ed Amministratore, con la presente, ai sensi e per gli effetti di legge e dello Statuto societario, Vi comunico di aver raggiunto un accordo per la cessione della totalità delle mie quote con il Sig. R. B., al prezzo pattuito di euro 55:000,00. Pertanto, allo scadere del previsto termine, procederò alla formalizzazione della cessione».

D) Le Signore T S. e N. C., rispettivamente, in data 18 marzo 2008 alle ore 15.12, ed in data 19 marzo 2008 alle ore 9.54, inviano al Signor F. due telegrammi del seguente identico tenore. «Dichiaro esercitare prelazione statutaria per acquisto quote L. Srl anche per quote eventualmente inoptate da altri soci Stop Segue lettera saluti» (docc. 14-15 prod. S. C.).

E) Le Signore T S. e N. C., in data 18 marzo 2008, inviano al Signor E un lettera raccomandata a.r. del seguente tenore. «Le sottoscritte: S. T, ...; C. N., ...; dichiarano di esercitare il diritto di prelazione di cui all'art. 7 dello statuto sociale e pertanto di accettare — in rapporto al numero delle quote possedute da ciascuna delle sottoscritte quali socie della L. S.R.L. — la proposta di cessione della totalità delle quote di partecipazione al capitale della L. S.R.L. di cui alla denuntiatio da Lei fatta con nota datata 13/03/2008 ma spedita in data 12/03/2008; dichiarano altresì sin d'ora ed irrevocabilmente di accettare — sempre in rapporto al numero delle quote possedute da ciascuna delle sottoscritte quali socie della L. S.R.L. — la proposta di cui alla predetta Sua denuntiatio anche relativamente alle altre quote per cui gli altri soci P. E. e M. G. non esercitassero il diritto di prelazione; offrono il pagamento del prezzo della cessione contestualmente alla ripetizione in forma notarile del contratto di cessione di quote sociali già perfezionatosi per effetto della presente dichiarazione, per cui La convocano a presentarsi innanzi al Notaio D. P. presso il suo studio in Frosinone, Via Belvedere 2, il giorno 26 marzo 2008 ore 17:00» (doc. 16 prod. S. C.).

F) Le Signore T S. e N. C., sempre in data 18 marzo 2008, chiedono all'Ufficiale Giudiziario presso il Tribunale di Tivoli di notificare al Signor F. un «atto di comunicazione e significazione» avente il medesimo tenore della suddetta lettera raccomandata a.r. Tale atto viene notificato al portiere dello stabile ai sensi dell'art. 139 c.p.c., in data 21 marzo 2008 (doc. 17 prod. S. C.).

G) La Signora E. P, con atto di vitalizio in data 20 marzo 2008 a rogito del Notaio L. di Sora (Rep. n. 207 — Racc. n. 162), in qualità di vitaliziata, cede e trasferisce alla Signora T S., in qualità di vitaliziante, tutti i diritti inerenti la propria quota della "L. S.r.l.", del valore nominale di euro 2.323,74, pari al 22,3437% del capitale sociale ammontante complessivamente ad euro 10.400,00 (doc. 28 prod. S. C.).

H) Il Signor A. F, in data 26 marzo 2008 alle ore 10.39, invia alle Signore S. e C. due telegrammi del seguente identico tenore (docc. 18-19 prod. S. C.). «Riferimento vostra del 18 marzo 2008, con il presente vi comunico di rinunciare alla vendita delle mie quote. E A.».

5. La cessione della quota sociale della L. S.r.l., dal Signor F. alle Signore S. e C., nei termini previsti dalla clausola di prelazione contenuta nell'art. 7 dello statuto sociale.

5.1. La proposta formulata dal Signor F.

Secondo pacifica e costante giurisprudenza, la denuntiatio effettuata in adempimento degli obblighi scaturenti da un patto di prelazione, che contenga la manifestazione di vendere una determinata partecipazione societaria ad un prezzo certo, con la fissazione di uno spatium deliberandi, oltre all'indicazione del temo disponibile all’acquisto, integra una vera e propria proposta contrattuale, ai sensi dell'art. 1325 c.c., la cui conforme accettazione determina la conclusione del contratto (App. Napoli, Sez. I, 7 novembre 2002, in Giur napoletana, 2003, 2, 68; Cass. Civ., Sez. II, 22 febbraio 2001, n. 2613, in Foro It., 2001, I, 2244; Trib Milano, 14 novembre 2000, in Società, 2001, 7, 873; Trib. Roma, 4 maggio 1998, in Riv. Dir. Comm., 1995, Il, 65; Trib. Roma, 19 marzo 1998, in Giur. It., 1998, n. 2111; Trib. Cassino, 9 settembre 1997, in Società, 1998, 4, 415; Trib. Napoli, 21 gennaio 1995, in Giur. Merito, 1997, 82; Cass. Civ., 26 febbraio 1988, n. 2045, in Nuova Giur. Civ.; Cass. Civ., Sez. I, 12 marzo 1981, n. 1407, in Giur. It., 1981, I, 1, 1264).

Nel caso, il Collegio ritiene che le lettere inviate dal Signor F. a tutti i soci della "L. S.r.l." il 12 marzo 2008 (supra, § 4, lett. D) contengano tutti i requisiti necessari ad integrare la proposta di vendita:

- l'oggetto, costituito dalla «totalità delle mie quote»;

- il prezzo, fissato in «euro 55.000,00»;

- il termine e la forma per l’accettazione, indicati facendo riferimento all'«art. 7 Statuto L. S.r.l.», che come si è detto attribuisce ai soci «8 (otto) giorni di tempo dal ricevimento dell'offerta per esercitare, mediante lettera raccomandata, il diritto di prelazione» (supra § 4, lett. B);

- il terzo acquirente, rappresentato dal «Sig. R. B.».

5.2. L'accettazione manifestata dalle Signore S. e C..

Passando ad esaminare l'accettazione di una tale proposta, si rileva come, secondo autorevole dottrina, la clausola di prelazione prevista da uno statuto societario pone, alla trasferibilità della partecipazione al capitale, un limite esclusivamente di natura soggettiva. Di tal che, di fronte all'offerta di un socio di cedere la propria intera partecipazione, gli altri soci «non hanno la possibilità di modificare i termini dell'offerta e l'oggetto del trasferimento. Essi possono accettare l'offerta o rifiutarla e un'accettazione parziale equivale a rifiuto» (così FERRI, Le Società, in Trattato di Diritto Civile Italiano fondato da Vassalli, Torino 1985, vol. X, 3, 487).

Nello stesso senso, la giurisprudenza di legittimità, riconoscendo la sussistenza del principio della c.d. inscindibilità della prelazione, nel caso di una clausola statutaria analoga a quella oggetto del presente giudizio, ha affermato, che la disciplina statutaria della prelazione «attribuiva [correlativamente] a ciascun socio un diritto di prelazione [altrettanto] individuale (esercitabile nel rispetto della prelazione integrale)» (cfr. Cass. Cir., Sez. I, 29 agosto 1998).

In base ad una tale interpretazione, dunque, l'accettazione manifestata dal socio deve riguardare la totalità della partecipazione offerta in prelazione. Il relativo diritto, naturalmente, per l'ipotesi in cui più soci manifestino la loro accettazione si ripartirà secondo il principio generale, affermato per le società a responsabilità limitata dall'art. 2468, comma 2, c.c., secondo cui «i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduto».

Nel caso, il Signor F. ha formulato la proposta, come si è ricordato, di cedere la «totalità delle mie quote». Detta proposta è stata formulata «ai sensi dell'art. 7 Statuto L. S.r.l.», il quale, «nel caso in cui un socio intenda alienare in tutto o in parte la propria quota»: - attribuisce a ciascuno degli altri soci «il diritto di prelazione»; - prevede che tale diritto, per l'ipotesi in cui più soci esercitino la prelazione, sia attribuito, in linea con il principio stabilito dall'art. 2468, comma 2, c.c., «in rapporto al numero delle quote possedute».

Di fronte ad una tale proposta del Signor F., il Collegio ritiene che:

a) è priva di effetto la prima accettazione, comunicata dalle Signore S. e C. con telegrammi, rispettivamente, in data 18 marzo 2008 ed in data 19 marzo 2008 (supra § 4, lett. E). Detta accettazione, in quanto formulata in forma diversa da quella statutariamente prevista della «lettera raccomandata», è infatti in violazione dell'art. 1326, comma 4;

b) è valida la seconda accettazione, inviata con raccomandata a.r. in data 18 marzo 2008 e ad abundantiam reiterata con «atto di comunicazione e significazione» notificato il.21 marzo 2008 (supra § 4, lett. F e G), con cui le Signore S. e C. hanno dichiarato «di esercitare il diritto di prelazione di cui all'art. 7 dello statuto sociale e pertanto di accettare — in rapporto al numero delle quote possedute da ciascuna delle sottoscritte quali socie della L. S.R.L. —la proposta di cessione della totalità delle quote di partecipazione al capitale della L. S.R.L. di cui alla denuntiatio da Lei fatta con nota datata 13/03/2008 ma spedita in data .12/03/2008»;

c) tale accettazione, in quanto esercitata da più soci, ha determinato, per effetto della ripartizione del diritto di prelazione prevista dal citato art. 2468, comma 2, c. c. e dal pure citato art. 7 dello statuto societario, la cessione dell'intera quota sociale della L. S.r.l. di proprietà del Signor F., in parte, alla Signora S., ed in altra parte, alla signora Co.;

d) detta ripartizione dovrà essere determinata in rapporto al valore nominale delle quote possedute dalle Signore S. e C. al momento dell'accettazione, in data 18 marzo 2008, pari rispettivamente al 20,06% ed al 18,80% del capitale sociale (supra, § 4, lett. A).

Alla medesima sostanziale conclusione si perverrebbe anche se, in base ad altro orientamento dottrinario, dovesse ritenersi che, in analogia con la prelazione prevista dall'art. 2441 c.c. per le azioni di nuova emissione rimaste inoptate, il diritto degli accettanti si estenda, a loro richiesta, a quella parte di azioni/quote per cui la prelazione non sia stata esercitata (così MELI, La clausola di prelazione negli statuti di società per azioni, Napoli 1991, 151).

Nel caso, infatti, le Signore S. e C., con i medesimi ricordati atti di accettazione del 18 marzo 2008 e del 21 marzo 2008, hanno dichiarato «altresì sin d'ora ed irrevocabilmente di accettare — sempre in rapporto al numero delle quote possedute da ciascuna delle sottoscritte quali socie della L. S.R.L. — la proposta di cui alla predetta Sua denuntiatio anche relativamente alle altre quote per cui gli altri soci P. E. e M. G. non esercitassero il diritto di prelazione» (supra, ancora § 4, lett. F e G).

Sul punto, quindi, il Collegio ritiene conclusivamente che tra le parti si sia concluso un accordo per la cessione dell'intera quota della “Lamef S.r.l.” posta in vendita dal Signor F., da ripartirsi tra le Signore S. e C. in proporzione alle quote dalle stesse possedute al momento dell'accettazione.

6. L'intervenuto effetto traslativo, a seguito dell'accordo di cessione, della quota sociale della “L. S.r.l.” dal Signor F. alle Signore S. e C..

Secondo giurisprudenza largamente maggioritaria, a cui il Collegio ritiene di aderire, la clausola di prelazione contenuta nello statuto di una società di capitali ha efficacia reale (Trib. Cagliari, 28 agosto 2006, in Riv. Giur. Sarda, 2008, 2, 323; Trib. Catania, ord. 6 febbraio 2003, in Gius., 2003, 14, 1654; Trib. Milano, 22 giugno 2001, in Giur. It., 2002, 1989, con; Cass. Civ., Sez. I, 29 agosto 1998, n. 8645; Trib. Como, 23 febbraio 2004, in Società, 1994, n. 678; Trib. Napoli, 4 giugno 1993, in Giur. Comm., 1994, II, 705; Trib. Bassano del Grappa, 17 febbraio 1993, in Società, 1993, 977; App. Bari, 29 aprile 1989, in Società, 1989,- 1165; Trib. Milano, 24 maggio 1982, in Banca Borsa, 1982, II, 338).

Dalla natura reale dell’accordo di cessione intervenuto in forza di clausola statutaria di prelazione, discende l'immediato trasferimento della quota sociale oggetto di tale cessione, per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato, ai sensi del principio affermato dall'art. 1376 c.c.

D'altra parte, anche qualora si ragionasse seguendo tesi secondo per cui un simile accordo avrebbe natura obbligatoria, avendo le Signore S. e C., in via subordinata, spiegato azione ex art. 2932 c.c., la conclusione sostanziale non muterebbe.

In tal caso infatti, considerato il rifiuto del Signor F. a stipulare l'atto definitivo di cessione — così dovendo qualificarsi i telegrammi del 26 marzo 2008 con cui lo stesso ha comunicato «di rinunciare alla vendita delle mie quote» (supra § 4 lett. I), che invece non potrebbero mai valere quale revoca della proposta, ai sensi dell'art. 1238, comma 1 c.c., in quanto successivi alla conclusione dell'accordo — la decisione del presente giudizio, appunto in accoglimento della domanda ai sensi dell'art. 2932 c.c., avrebbe efficacia costitutiva del contratto non concluso. Sul punto, quindi, il Collegio afferma conclusivamente che l'accordo inter-venuto tra le parti ha determinato il trasferimento alle Signore S. e C. dell'intera quota della “L. S.r.l.” posta in vendita dal Signor F.

7. L’inaccoglibilità delle eccezioni proposte dal Signor F. in ordine alla annullabilità del contratto di cessione.

Ciò detto, occorre prendere in considerazione le eccezioni proposte della di-fesa del Signor F. in relazione alla annullabilità del contratto di cessione della propria quota della “L. S.r.l.”.

In proposito, il Collegio rileva preliminarmente che la non obbligatorietà della denuntiatio prevista dalla clausola di prelazione è irrilevante qualora il proponente abbia comunque inteso procedere a detta denuntiatio.

La natura di proposta contrattuale rivestita della denuntiatio, infatti, fa si che la sua formulazione assuma efficacia giuridica 'esterna', a prescindere dalla sua obbligatorietà, con la conseguenza che l'accettazione di detta proposta determina il raggiungimento dell'accordo (cfr., in tal senso: Cass. Civ., Sez. I, 12 giugno 2001, n. 7879 8, in un caso di denuntiatio fatta, sulla base di una clausola di prelazione societaria, dal creditore pignoratizio del socio di una s.p.a. in vista della vendita delle azioni pignorate. La S.C., rilevando che il creditore pignoratizio «aveva autonomamente deciso di dare attuazione alla prelazione statutaria tenendo un comportamento negoziale volto alla realizza-zione della clausola statutaria», ha affermato che «tale condotta rendeva impossibile contestare unilateralmente la clausola medesima una volta che, sul piano negoziale, [il proponente] ne aveva accettato gli effetti»).

7.1. Tanto premesso, deve quindi essere esaminata la domanda di annullamento del contratto di cessione di quota, per errore di diritto sull' (in)applicabilità della clausola di prelazione alla luce del rapporto di affinità tra il socio proponente ed il terzo acquirente, ai sensi dell'art. 7, comma 1, dello statuto societario. Così dovendo essere qualificata la richiesta di «dichiarare nullo e/o annullare il contratto per carenza dei presupposti dell'obbligo e specificamente per errore della persona».

Al riguardo, occorre ricordare che il Signor F:

a) ha introdotto nel presente giudizio l’argomento relativo al rapporto di affinità con il terzo acquirente, per la prima volta, in sede di memoria di re-plica dell'il settembre 2009 (supra, § 3.3.2). Ciò, in linea con quanto consentito dal Collegio, che in sede di costituzione aveva tra l’altro concesso il deposito di memorie di replica a contenuto istruttorio e di merito (supra, § 3.1);

b) sennonché, con tale memoria di replica, ha insistito «nell'accoglimento delle domande già rassegnate» (supra, ancora § 3.3.2), tra le quali non ve n’era alcuna che facesse riferimento al suddetto argomento relativo al rapporto di affinità con il terzo acquirente (supra, § 3.2.2);

c) in sede di discussione, poi, ha concordato con le controparti «sul fatto che il thema decidendum si possa considerare cristallizzato» (supra § 3.3);

d) solo nella memoria conclusionale, come detto, ha domandato di «dichiarare nullo c/o annullare il contratto per carenza dei presupposti dell'obbligo e specificamente per errore della persona».

Alla luce di quanto sopra, il Collegio ritiene che tale domanda, essendo stata formulata successivamente alla cristallizzazione del thema decidendum su cui le parti hanno concordato nell'udienza di discussione, sia evidentemente inammissibile (in proposito, cfr. Cass. Civ., Sez. I, 22 maggio 2003, n. 8038, in Arch. Civ., 2004, 360).

7.2. Va poi esaminata la domanda di rescissione del contratto per lesione ultra dimidium, ai sensi degli articoli 1448 e seguenti c.c.. Così dovendo essere qualificata la richiesta di accertare che «il prezzo indicato è minore della metà del valore effettivo delle quote di cui si controverte» e per l'effetto dichiarare «nullo l'eventuale intervenuto contratto».

Il Collegio ritiene che tale domanda vada respinta:

- per intervenuta scadenza del termine annuale di prescrizione, che ai sensi dell'art. 1449 c.c. è applicabile sia all'azione che all'eccezione rescissoria, ed è decorrente dalla conclusione del contratto, nel caso intervenuta il 18 marzo 2008, mentre la domanda è stata formulata, in sede di prima memoria, il 29 luglio 2009 (supra § 3.2.2);

- e per assoluta mancanza di allegazione, prima che di prova, in ordine ai requisiti, previsti dall'art. 1448 c.c., dello stato di bisogno in cui si sarebbe trovato il Signor F. e dell’approfittamento da parte delle Signore S. e C..

8. L'inammissibilità delle domande di condanna proposte dalle Signore S. e C. relativamente ai provvedimenti, cautelari e di nomina degli arbitri, emessi dal Tribunale di Frosinone, per difetto di competenza arbitrale.

Le Signore S. e C. hanno chiesto al Collegio di condannare il Signor F. al pagamento «delle spese afferenti il procedimento di sequestro giudiziario» della quota sociale per cui è causa, «delle spese da liquidarsi in favore del custode giudiziario e di ogni altra spesa per l’attuazione del sequestro giudiziario», nonché delle spese «del procedimento ex art. 810 c.p.c.».

Al riguardo, quanto alle domande di condanna delle spese relative ai provvedimenti cautelari emessi dal Tribunale di Frosinone, si rileva che:

- a termini dell'art. 819 c.p.c., gli arbitri non possono concedere sequestri, né altri provvedimenti cautelari;

- secondo l'art. 669 decies c.p.c., la revoca e la modifica dei provvedimenti cautelari emessi ante causam, se la causa di merito è devoluta ad arbitrato, devono essere richieste al giudice che ha emanato detti provvedimenti cautelari.

Alla luce di tali previsioni di legge, risulta evidente come le suddette do-mande siano inammissibili, per difetto di competenza del Collegio arbitrale.

Parimenti è a dirsi per le domanda relativa alla condanna delle spese relative al procedimento di nomina degli arbitri, riservato al Presidente del Tribunale ex art. 810 c.p.c. L'inammissibilità di tale domanda, anzi, risulta an-cor più evidente se si considera che al medesimo Presidente del Tribunale, ai sensi dell'art. 814 c.p.c., è attribuita la competenza anche in ordine alla determinazione delle spese e degli onorari degli arbitri, in caso di mancata accettazione della liquidazione proposta dagli stessi arbitri.

9. Le spese processuali e le spese di funzionamento del Collegio.

Infine, alla luce della particolarità delle questioni oggetto del presente giudizio, si ritiene congruo compensare integralmente le spese processuali e ripartire le spese di funzionamento del Collegio, nei rapporti tra le parti e fermo il vincolo di solidarietà previsto dall'art. 814, comma 1, seconda parte, c.p.c., in misura del 50% a carico di ciascuna parte.

Dette spese di funzionamento, a titolo di onorari degli arbitri e di compenso del segretario, vengono liquidate nell'importo di euro 20.000,00 oltre IVA e CPA (meno ritenuta d'acconto), per i tre arbitri, e nell'importo di euro 2.000,00, oltre IVA e CPA (meno ritenuta d'acconto), per il segretario, da cui vanno detratti gli importi indicati a titolo di acconto nell'ordinanza del 1° ottobre 2009.

(omissis)

La fattispecie oggetto della decisione arbitrale pubblicata riveste particolare interesse in quanto coinvolge diverse problematiche non solo di diritto societario. La prima è rappresentata dal significato e dal valore giuridico della denuntiatio, ossia dell'atto con il quale il socio manifesta la volontà di alienare le proprie quote/azioni, nonché della relativa risposta.

Il Collegio Arbitrale, dopo aver verificato la regolarità e validità della denuntiatio in relazione allo statuto sociale, ha dichiarato che per pacifica e costante giurisprudenza, la denuntiatio effettuata in adempimento degli obblighi scaturenti da un patto di prelazione integri una vera e propria proposta contrattuale, ai sensi dell'art. 1325 c.c., la cui conforme accettazione determina la conclusione del contratto.

Se in giurisprudenza vi è un orientamento consolidato, come giustamente rilevato dal Collegio, in dottrina vi sono, però, tesi contrapposte, sebbene prevalga quella della proposta contrattuale.

In effetti il Gabrielli[1] sostiene che qualificare la denuntiatio come proposta contrattuale sarebbe lesivo dell'interesse del soggetto passivo del rapporto di prelazione a verificare se anche il soggetto attivo sia disponibile ad offrire le medesime condizioni del terzo e, quindi, a decidere solo in un momento successivo se addivenire o meno alla stipulazione[2]. A ciò si è obiettato[3] come da tutta la normativa in tema di prelazione legale, a cui quella volontaria e, quindi, anche quella in materia societaria, fa certamente riferimento, si desume in maniera evidente che in capo all'alienante sussista un vero e proprio obbligo di offrire, con la conseguenza che la denuntiatio deve essere qualificata come vera e propria proposta contrattuale. Si considerino, inoltre, le considerazioni di chi[4] ha rilevato come, nell'ipotesi in esame, l'oblato ha solamente la possibilità di addivenire o no alla stipula del contratto, ma non di controproporre altre clausole o condizioni, e questa situazione è tipica dell’accettazione.

In quest'ottica la dichiarazione da parte dei soggetti legittimati di voler esercitare il diritto di prelazione sarà giuridicamente qualificabile come accettazione e il contratto si intenderà concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta (socio che intende alienare) giunge a conoscenza dell'accettazione. Pertanto l'esercizio del diritto di prelazione da parte del destinatario della comunicazione comporta il perfezionamento del contratto, sempre che vi sia perfetta corrispondenza fra proposta ed accettazione; di conseguenza una accettazione difforme, parziale o condizionata equivarrebbe a rifiuto della proposta stessa.

È stato giustamente osservato dal Collegio che la dichiarazione di voler acquisire anche le quote degli altri soci inoptate non rappresenta una condizione all'esercizio del diritto di prelazione, in quanto non apporta unilaterali emendamenti di sostanza tali da farla ritenere una controproposta, che dà luogo ad ulteriore trattativa. Correttamente, quindi, si è statuito, in analogia con la prelazione prevista dall'art. 2441 c.c. per le azioni di nuova emissione rimaste inoptate, che il diritto degli accettanti si estenda a quella parte di quote per cui la prelazione non sia stata esercitata. Tale soluzione è stata anche giustificata con il richiamo al principio della c.d. inscindibilità della prelazione (Cass. civ. sez. I, 29/08/1998 n. 8645), per sottolineare che l'accettazione manifestata dal socio deve riguardare la totalità della partecipazione offerta in prelazione e, quindi, può, validamente effettuarsi anche per quella parte di quote che gli altri soci non dichiarino di accettare[5]. Qualora, invece, più soci intendano acquisire il pacchetto offerto, il diritto di prelazione sarà ripartito in rapporto al numero di quote possedute da ciascun socio, come previsto, nel caso specifico, dallo stesso statuto societario e, in generale, dalla legge, ex art. 2468, comma 2, c.c..

Questi principi trovano anche un fondamento pratico nell'esigenza, da un lato, di consentire il rispetto delle originarie proporzioni di partecipazione al capitale sociale nel caso di accettazione dell'offerta da parte di tutti i soci, dall'altro nell'escludere il diritto di prelazione per una quantità di quote inferiori a quelle offerte in proporzione al capitale detenuto.

Di conseguenza, proprio perché il contratto si è perfezionato nel momento in cui il proponente ha avuto conoscenza dell'accettazione, la successiva rinuncia alla vendita delle proprie quote, è priva di effetti: ai sensi dell'art. 1328 c.c. “la proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso”.

La seconda questione particolar-mente interessante è quella dell'effetto traslativo dell'avvenuta conclusione del contratto di cessione delle quote sociali.

Gli Arbitri hanno sostenuto che, secondo giurisprudenza largamente maggioritaria[6], la clausola di prelazione contenuta nello statuto di una società di capitali ha efficacia reale, chiarendo, così, un aspetto rimasto dubbio nell'ordinanza del Tribunale Collegiale di Frosinone, emessa in relazione al reclamo ex art. 669 terdecies cpc (fase cautelare), ove si sottolinea la distinzione tra prelazione agraria con efficacia reale e prelazione urbana ad effetti obbligatori, mentre rimane indeterminata l'ipotesi della prelazione societaria.

La soluzione, soprattutto in dottrina, non è, però, così univoca. La problematica viene generalmente posta in relazione alle conseguenze dell'alienazione effettuata in violazione della clausola di prelazione[7], che comporta, in un caso, l'inopponibilità nei confronti della società dell'acquisto delle quote in violazione della prelazione e, nel secondo, il risarcimento del danno subito.

Alcuni studiosi, con la giurisprudenza dominante, ritengono che il contratto concluso a seguito della denuntiatio e della successiva accettazione abbia efficacia reale[8], anche perché “l'inserimento nello statuto della clausola di prelazione eleva quest'ultima a regola dell'ordinamento societario, conoscibile da parte di tutti per la pubblicità cui essa è sottoposta, e dotata di efficacia reale[9]. Altri autori ritengono, invece, che l'inserimento della clausola nello statuto non le attribuisca efficacia reale ma solo meramente obbligatoria. In particolare, secondo detta interpretazione, se la clausola mira a disciplinare i rapporti individuali dei soci e non la vita dell'ente, acquista la natura di patto parasociale con efficacia meramente obbligatoria, mentre se la prelazione è posta anche nell'interesse della società - con conseguente comunicazione della denuntiatio anche all’ente medesimo, il quale può sostituire soggetti di suo gradimento alla persona indicata da chi intende alienare - la clausola acquisisce la natura di efficacia reale, avendo natura statutaria.

In altri termini, si sostiene che se la norma regola il diritto di prelazione, non limitandosi ad una enunciazione generica di un diritto, acquista la natura di vera clausola o norma di organizzazione, mentre allorquando ci si trovi dinanzi alla violazione di clausole solo apparentemente statutarie, l'unico rimedio per i soci non preferiti è costituito dall'azione di risarcimento del danno per inadempimento nei confronti del cedente[10]. Le tesi ora esposte - che ammettono i due diversi rimedi in favore del socio pretermesso, vale a dire il retratto e l'esecuzione in forma specifica - ricollegano le conseguenze della omessa denuntiatio alla ricostruzione giuridica della prelazione, ora come contratto preliminare sottoposto a condizione sospensiva (non meramente) potestativa, ora come fonte di un diritto potestativo, che farebbe sorgere, in caso di inadempimento, il diritto del beneficiario a concludere il contratto con la sola dichiarazione del promissario.

Queste divergenti tesi dottrinarie sembrano ben note al Collegio arbitrale. Nel lodo si chiarisce, infatti, che qualora si ragionasse seguendo la tesi della natura obbligatoria dell’accordo di cessione intervenuto in forza della clausola statutaria di prelazione, la conclusione sostanziale non muterebbe, perché in accoglimento della subordinata domanda ex art. 2932 c.c., la decisone avrebbe efficacia costitutiva del contratto non concluso.

Altra rilevante questione è quella sulla nullità e/o annullabilità del predetto accordo per carenza dell’obbligo di denuntiatio e per errore sulla qualità della persona.

Dal punto di vista processuale la dichiarazione di inammissibilità di simile domanda, formulata per la prima volta con il deposito delle memorie conclusionali dopo, peraltro, che le parti avevano concordato di ritenere cristallizzato il thema dedidendum, appare priva di censure. Così come sembra condivisibile l'interpretazione (agganciata alla sentenza della Cassazione del 12/06/2001 n. 7879), secondo cui, una volta effettuata la proposta di cessione della propria quota societaria, decidendo di dare autonomamente attuazione alla prelazione statutaria, risulta poi impossibile contestarne l'applicazione e sostenere che si trattava di un comportamento ultroneo e giuridicamente non dovuto. Infatti, l'esternazione di una volontà negoziale volta alla realizzazione degli effetti della clausola statutaria, a prescindere dalla sua obbligatorietà, rende concluso l'affare e vincolato il proponente nel momento in cui giunge l'accettazione della proposta, da, ritenersi, ormai, irrevocabile ex art. 1328 c.c..

Infine qualche perplessità potrebbe suscitare la decisione di ritenere inammissibile la domanda di condanna al pagamento delle spese afferenti il procedimento di sequestro giudiziario, fondata sul rilievo che gli arbitri non possono concedere sequestri, né altri provvedimenti cautelari (ex art. 819 c.p.c.) e non possono neanche revocare o modificare i provvedimenti cautelari emessi ante causam (ex art. 669 decies c.p.c.). In effetti la liquidazione delle spese non sembra incidere sul provvedimento cautelare e appare giustificata dall'indicazione del Giudice di rimettere la predetta liquidazione alla statuizione definitiva. Tuttavia bisogna osservare, in primo luogo, che l'art. 669 quinquies c.p.c, nel disporre la competenza esclusiva a pronunciarsi sulla fase cautelare al Giudice che sarebbe stato competente a conoscere la controversia nel merito, ha così inteso esprime il principio secondo il quale il giudizio arbitrale non può in alcun modo interferire con il procedimento cautelare, quindi l’arbitro non potrà pronunciare neanche sulle spese giudiziali relative alla cautela. Alla stessa conclusione si perviene applicando alla fattispecie il principio generale ricavabile dall'art. 91 c.p.c., secondo il quale competente a provvedere sulle spese processuali è il giudice che ha trattato il processo, salva l'eccezione di cui all'art. 385 c.p.c.; dunque la devoluzione agli arbitri della pronuncia sulle spese della fase cautelare violerebbe tale principio generale, essendo l'arbitro ontologicamente e giuridicamente diverso dal giudice ordinario, avuto anche riguardo all'orientamento più recente della giurisprudenza che valorizza la natura essenzialmente privatistica del giudizio arbitrale. Inoltre non deroga a tale principio la disciplina del procedimento cautelare uniforme, secondo cui, in caso di accoglimento dell'istanza cautelare, il giudice deve rimettere la regolamentazione delle spese all'esito del giudizio di merito, poiché il sistema processuale è fondato sull’identità tra il giudice della cautela e quello del merito, giusta il, disposto degli artt. 669 ter e quater.



[1] G. GABRIELLI, Voce Patto di Prelazione, in Enc. Giur. XXIII, 1990, p. 5.

[2] Ed è quanto è successo nel caso esaminato in cui il resistente convenuto ha comunicato l'offerta ai soci prelazionari, molto probabilmente per verificarne la disponibilità, ma poi non ha dichiarato di non essere più intenzionato ad alienare.

[3] CATRICALA', Funzioni e tecniche della prelazione convenzionale, in Riv. dir. civ., 1978, II, p. 546.

[4] RUBINO, La compravendita, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo continuato da Mengoni, Milano, 1971, p. 67.

[5] L. STANGHELLINI, Commento sub art. 2355-bis c.c., in Commentario alla riforma delle società, Milano, 2007, pag. 33, sostiene, nel caso in cui il diritto di prelazione non venga esercitato da tutti i soggetti legittimati ad esercitarlo, che l'offerta di un pacchetto di azioni non possa consentire accettazioni parziali.

[6] Oltre alle numerose e pregnanti sentenze citate nel lodo, si ritengono interessanti anche i seguenti provvedimenti di merito: Trib. Bari, sez. IV 21 ottobre 2008, n. 2397; Trib. Brindisi, 17 marzo 2006, Trib. Catania, 20 novembre 2002; Pret. Terni, 29 ottobre 1999.

[7] Nel caso esaminato, invece, la clausola di prelazione è stata osservata, ma vengono in discussione gli effetti dell'accettazione a seguito del ripensamento dell'offerente.

[8] Per tutti CAMPOBASSO, Diritto delle società, Torino, 2002, p. 242 e DI SABATO, Società, Torino, 1995 p. 340; Cass. 21/10/1973, n. 2763, in Giur. Comm., 1975, II, p. 23; Cass. 10/10/1957, n. 3702, in Giur. It., 1958, I, 1, p. 548; Trib. Milano, 23/09/1991, in Soc., 1992, p. 357; Cass. Civ. 29/08/1998 n. 8645.

[9] S. CLERICO', "La clausola di prelazione societaria ed il contenuto della denuntiatio" in Riv. Notariato 2006, 2. Ancora sull'efficacia reale cfr. G. CARLINI, "Considerazioni sulla prelazione statutaria propria ed impropria e sulle conseguenze per il caso di vendita della partecipazione in violazione della stessa" in Riv. Notariato 2008, 3, 680, nota a Tribunale Brindisi 17 marzo 2006.

[10] In dottrina, MACCABRUNI, «Clausole statutarie di prelazione», in Giur. Comm., 1989, II, 105; SQUILLACE, «La prelazione societaria», in Giur. Comm., 1990, II, 573; in giurisprudenza, Trib. Milano 24 maggio 1982, che distingue tra clausole statutarie e solo apparentemente statutarie, nonché Cass. n. 12012/1998, la quale, argomentando dalla natura di clausola statutaria della prelazione, al pari delle altre clausole inserite nello statuto, ha riformato la sentenza impugnata che aveva, invece, riconosciuto alla prelazione la natura di patto contratto vincolante per tutti i soci, ritenendola estranea al contenuto proprio dell'atto costitutivo della società.

 

 

Autore: dott.ssa Giulia Arcese 02 giu, 2023
La nuova formulazione dell’art. 473 bis 49 c.p.c., introdotto con la c.d. “Riforma Cartabia” (D.Lgs 10 ottobre 2022 n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197), prevede la facoltà di proporre la domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio contestualmente alla domanda di separazione personale dei coniugi. In altre parole, è ora possibile presentare con un unico atto introduttivo le domande di separazione e divorzio, che saranno affrontate dallo stesso Giudice, con riduzione delle tempistiche e alleggerimento delle procedure rispetto alla normativa previgente. Il ricorso dovrà essere completo dell’allegazione dei fatti e di tutti i mezzi di prova di cui il richiedente intende valersi, relativamente a entrambe le domande promosse.
Autore: Galella Avv. Gianfranco 02 giu, 2023
SURROGAZIONE LEGALE DELL'ASSICURATORE IN R.C.A. Tribunale civile di Frosinone in composizione monocratica Sentenza n.46/2002 del 10-1-2002 Dott. Bracaglia Morante - Attore CONSAP s.p.a.- Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici, Ente gestore del Fondo di Garanzia Vittime della Strada (contro G. A. e G. M., convenuti contumaci)
Autore: Galella Avv. Gianfranco 02 giu, 2023
L’interposizione fittizia di persona ha come necessario presupposto la partecipazione all'accordo simulatorio di tutti i soggetti interessati, intesa, quanto al terzo contraente, come consapevole (anche se non necessariamente contestuale) adesione all'accordo stesso; mentre la mancata conoscenza, da parte del terzo, degli accordi intercorsi tra interponente ed interposto (ovvero la mancata adesione ad essi, pur se da lui conosciuti), integra gli estremi della (diversa) fattispecie della interposizione reale di persona. Ne consegue che, dedotta in giudizio la simulazione relativa soggettiva di un contratto di compravendita immobiliare, la prova dell'accordo simulatorio deve, necessariamente, consistere nella dimostrazione della partecipazione ad esso anche del terzo contraente.
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