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LA VALIDITÀ DEL TRUST IN ITALIA E LA TUTELA DEI TERZI CREDITORI

  • Autore: Galella Avv. Gianfranco
  • 02 giu, 2023

ESERCIZIO DEL DIRITTO DI PRELAZIONE STATUTARIA MENTE PREVISTO E REVOCA DELL'OFFERTA

LA VALIDITÀ DEL TRUST IN ITALIA E LA TUTELA DEI TERZI CREDITORI

Tribunale di Cassino

Sentenza n. 161/06 del 14-2-2006

Giudice Dott. Condello

“Il riconoscimento del trust non esime il giudice dall'esaminare la validità ed efficacia del trust accertando se la scelta del disponente sia abusiva, ossia se i suoi effetti tendono ad eludere norme imperative inderogabili con atto negoziale ovvero norme di applicazione necessaria, oppure se i suoi effetti sono in chiaro contrasto con l'ordine pubblico”

Tribunale di Cassino - Sez. distaccata di Sora

Sentenza n. 800 del 4-1-2007

Giudice Dott. Sordi

“Il disposto dell'art 13 della Convenzione de L'Aja non può che esser letto quale mera facoltà concessa allo Stato - con riferimento tanto al legislatore quanto all'autorità giudiziaria - di negar riconoscimento al trust domestico sol nell'ipotesi in cui la sua costituzione in concreto abbia realizzato un palese intento di frodare la legge interna; con l'avvertenza, però, che sol quando il contrasto con l'ordinamento nazionale ecceda le ipotesi disciplinate dai successivi art 15, 16 e 18 potrà esser dichiarata la non riconoscibilità in toto del trust, altrimenti, dovendo il giudice operare i correttivi previsti da dette norme”

****

I

omissis

Con atto di citazione notificato il 20/2/2001 la B s.p.a. conveniva dinanzi il Tribunale di Cassino DC e Y deducendo che: - la B era creditrice nei confronti della società MDC e C. s.a.s. della somma di lire 207.358.944 quale esposizione finale al 30.3.99 per sorte ed interessi del saldo debitore del contratto di conto corrente n. x intrattenuto presso la B;

[…]

- DC successivamente alla costituzione del rapporto debitorio ed al rilascio della fideiussione (unitamente a DH fino a lire 395.000.000), con atto in data 8.11.99 per Notar IG trascritto il 9.11.99 rep. n. ... aveva venduto a Y il seguente immobile sito in [...] Cassino, ossia garage di mq. 11 [...];

- con ulteriore atto per Notar IG del 16.11.99 trascritto il 17.11.99 rep. n. DC aveva venduto a Y il seguente altro immobile sito in Cassino via ..., ossia deposito di mq. 18 al piano terra ...; gli atti sopra indicati erano preordinati a rendere DC del tutto nullatenente al fine di impedire alla B di poter positivamente avviare l'azione di recupero del credito;

- l'atto era stato infatti stipulato quando la società garantita era venuta a trovarsi in stato di insolvenza e comunque di non poter adempiere alle obbligazioni contratte e quando erano già stati depositati presso la Cancelleria del Tribunale di Cassino i ricorsi per ottenere i decreti ingiuntivi di pagamento contro le società e contro i fideiussori, tra i quali DC;

- parimenti nullatenenti si erano resi gli altri fideiussori, DC N e BA, i quali avevano conferito in fondo patrimoniale tutti i cespiti in proprietà;

[…]

- l'unica possibilità di recupero per la B consisteva nella possibilità di soddisfarsi sui beni di proprietà di DC previa revoca dell'atto stipulato in pregiudizio del creditore;

- la B intendeva quindi agire per far dichiarare inefficace nei suoi con-fronti il predetto atto onde potersi soddisfare esecutivamente sui predetti immobili;

- la vendita eseguita ricadeva nella ipotesi della simulazione assoluta poiché le parti avevano stipulato un negozio giuridico, ma in realtà non avevano voluto alcun negozio; ciò era dimostrato dal fatto che essi l'avevano stipulato quando le condizioni economiche della società erano tali da far lasciare facilmente supporre il tracollo della stessa e quando si erano resi conto che la Banca avrebbe agito anche contro di loro per il recupero del debito che la società non era in grado di pagare;

- al di là della simulazione era indubbio che gli atti erano revocabili ai sensi dell'art. 2901 c.c.; nella vendita, infatti, era intervenuto quale acquirente Y, il quale, attesa la professione svolta e la conoscenza della situazione debitoria generale sulla piazza di Cassino, si doveva ritenere avesse agito nella consapevolezza della stato di insolvenza del debitore e del pregiudizio che gli atti avrebbero arrecato alla B;

- nel caso di specie la "consapevolezza del terzo" era insita nella qualità stessa del terzo che, per essere avvocato esperto delle procedure degli istituti di credito in caso come quello in esame, ben conosceva la consistenza del rimedio posto in essere dal DC, che aveva sostanzialmente modificato la propria situa-zione patrimoniale rendendo inconsistente la garanzia su cui faceva affidamento la B per il recupero del credito;

- nella fattispecie ricorrevano i presupposti per esperire l'azione revocatoria ai sensi dell'art. 2901 c.c., dato che vi era la preordinazione dell'atto a rendere vane le ragioni dei creditori 1) perché la vendita aveva riguardato tutti i beni di proprietà, 2) perché tale atto era stato compiuto contestualmente alla costituzione degli altri fondi patrimoniali con i quali tutti i fideiussori nonché soci della società debitrice principale avevano sottratto tutti i beni di loro proprietà all'azione della banca, pregiudicandone in maniera evidente i suoi diritti e rendendo praticamente impossibile la realizzazione del suo credito; 3) la vendita era intercorsa con un terzo che era consapevole del pregiudizio che gli atti arrecavano alle ragioni del creditore;

- in proposito i rogiti notarili erano stati stipulati dopo che la B aveva depositato presso il Tribunale di Cassino i ricorsi per decreto ingiuntivo, nelle more del tempo della firma da parte del Presidente e di rilascio delle copie;

- il credito della Banca era stato accertato in sede giudiziale: il decreto ingiuntivo n. ... emesso a carico della società e dei fideiussori era stato opposto dai convenuti, ma ciò non precludeva l'esperimento dell'azione revocatoria;

- l'anteriorità del credito rispetto all'atto impugnato risultava agli atti e andava comunque riscontrata in base al momento in cui il credito era sorto e non a quello, eventualmente successivo, in cui veniva accertato per provvedimento giudiziario; per l'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria era sufficiente, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito e non anche la concreta esigibilità di esso; ne conseguiva che, con riguardo alla posizione del fideiussore l'acquisto della qualità del debitore nei confronti del creditore risaliva al momento della nascita stessa della obbligazione, sicché a tale momento occorreva fare riferimento al fine di stabilire se l'atto pregiudizievole fosse anteriore o successivo al sorgere del credito, onde verificare la necessità o meno della prova della cd. "dolosa preordinazione";

- per quanto riguardava l'eventus damni era sufficiente che l'atto di disposizione del debitore rendesse più difficile la soddisfazione coattiva del credito, ma nel caso di specie l'azione di recupero era stata del tutto vanificata; lo stato di decozione della società risultava dai vari decreti ingiuntivi emessi a suo carico.

La società attrice concludeva come sopra riportato.

Alla prima udienza di comparizione si costituivano in giudizio Y e DC mediante deposito di comparsa di risposta con la quale replicavano che:

- nel caso di specie non sussistevano i presupposti di cui all'art. 2901 c.c. in quanto gli atti pubblici per notar IG del 9.11.99 e del 16.11.99 erano stati entrambi compiuti dal debitore (DC) in adempimento di una obbligazione in esecuzione di un negozio giuridico fiduciario ai sensi degli artt. 1706 e 1707 c.c. attualizzato con l'istituzione del trust;

- in effetti nel 1997 DC era stato nominato trustee da Y il quale gli aveva trasferito la somma necessaria per acquistare, quale suo mandatario senza rappresentanza, entrambi gli immobili oggetto della revocatoria;

- in qualità di trustee, quindi, il DC aveva acquistato detti immobili dalla società C s.r.l. di Cassino e da FG; suo onere in qualità di trustee ed in esecuzione del negozio fiduciario era quello di trasferire a Y, dietro sua richiesta, quale beneficiario del trust, i predetti immobili da lui acquistati per suo conto nel 1997;

- gli atti di trasferimento impugnati con la presente causa, entrambi per Notaio IG del 9.11.99 e del 16.11.99, non erano altro se non la prosecuzione della esecuzione dell'obbligazione fiduciaria contenuta nel trust;

- ciò che DC aveva compiuto nel 1999 non era altro che un atto dovuto in relazione alla sua qualità di trustee: egli cioè, eseguendo le disposizioni contenute nel trust ed ordinate dal disponente beneficiario (Y), aveva trasferito al beneficiario (Y) gli immobili che questi gli aveva ordinato di acquistare nel 1997;

- non erano pertanto soggetti a revoca ex art. 2901 c.c. i contratti conclusi in esecuzione di un negozio fiduciario, non essendosi in tal caso in presenza di una decisione dell'agente (cioè il DC) caratterizzata da arbitrarietà;

- in ogni caso proprio la sussistenza del negozio fiduciario era ostativo all'applicabilità in concreto dell'art. 2901 c.c.;

- l'esistenza del negozio fiduciario escludeva che nella specie potesse configurarsi quella consapevolezza, sia del debitore che del terzo, del pregiudizio che l'atto avrebbe arrecato alle ragioni creditorie della banca;

- se con il negozio fiduciario, nella specie in forma di trust e con i connotati del mandato senza rappresentanza, i beni oggetto della compravendita non erano mai entrati nella sfera giuridica del fiduciario, nessun pregiudizio poteva essere derivato alla Banca o ad altri creditori, in quanto per effetto del negozio fiduciario la consistenza patrimoniale del DC non si era mai modificata;

- nemmeno ricorreva il cd. eventus damni, giacché a seguito della esecuzione del negozio fiduciario il patrimonio del DC non aveva subito alcuna reale alterazione, né in positivo né in negativo;

- in effetti, visto che nel 1997 il DC aveva acquistato quale trustee, in esecuzione del mandato senza rappresentanza, gli immobili per conto del beneficiario, questi non erano mai entrati sostanzialmente, ma solo formalmente nella sua sfera giuridica, sicché la banca non poteva legittimamente addurre alcuna perdita della garanzia patrimoniale, perché il patrimonio del DC era sempre stato nullo, dato che egli non aveva mai posseduto alcun bene immobile;

- del resto gli affidamenti concessi dalla B al DC in proprio non erano avvenuti sulla base di una qualche proprietà immobiliare di quest'ultimo, proprio perché non era mai stato proprietario di alcun bene immobile; per i rapporti indiretti (fideiussori), i crediti azionati dalla B con decreto ingiuntivo erano stati contestati ed il giudice ne aveva sospeso la provvisoria esecuzione. I convenuti concludevano come sopra riportato.

omissis

MOTIVI DELLA DECISIONE

La istanza di sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del giudizio recante n. RG, avente ad oggetto la opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. ..., deve essere disattesa.

Poiché anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare, sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio, sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito, l'insorgere della qualità di creditore che abilita all'esperimento dell'azione revocatoria, ai sensi dell'art. 2901 c.c., avverso l'atto di disposizione compiuto dal debitore, il giudizio promosso con l'indicata azione non è soggetto a sospensione necessaria a norma dell'art. 295 c.p.c. per il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto l'accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la definizione del giudizio sull'accertamento del credito non costituisce l'indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d'altra parte da escludere l'eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell'allegato credito litigioso, dichiari inefficace l'atto di disposizione e la sentenza negativa sull'esistenza del credito (Cass. Sez. Uni-te 2004/9440).

La B, assumendo di essere creditrice nei confronti della società M DC e C. s.a.s. e che tale credito è garantito da fideiussioni rilasciate da DC N, BA, DC e DC V, chiede dichiararsi in via principale la simulazione assoluta ed in via subordinata la inefficacia nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 2901 c.c., degli atti di vendita per Notar IG dell'8.11.99 rep. n. ... e del 16.11.99 rep. n. ..., per effetto dei quali DC , in data successiva alla costituzione del rapporto debitorio ed al rilascio della fideiussione, ha venduto a Y un garage di mq. 11, distinto in catasto del Comune di Cassino ... ed un deposito di mq. 18 al piano terra, in catasto del Comune di Cassino ..., sul presupposto che i predetti contratti sono preordinati a depauperare il patrimonio del DC e quindi ad impedire che la Banca possa esperire positivamente l'azione di recupero del credito.

La domanda proposta in via principale dalla B non merita accoglimento.

A sostegno di tale domanda la attrice si è limitata ad argomentare che le parti hanno stipulato un negozio giuridico, mentre in realtà esse non volevano alcun negozio, e che tale circostanza si desumerebbe dal fatto che i contratti di compravendita sono stati stipulati quando le condizioni economiche della società debitrice principale erano già tali da far ritenere quasi certo un suo tracollo finanziario.

La B non ha in realtà offerto alcuna prova volta a dimostrare il presunto accordo simulatorio intercorso tra DC e "T dato che sia dagli atti di compravendita oggetto di contestazione che dal negozio fiduciario concluso dai convenuti emerge che le parti convenute hanno realmente voluto trasferire i beni immobili, con la conseguenza che a tali contratti non sono estensibili le norme che disciplinano la simulazione.

Infatti, ad integrare gli estremi della simulazione di un negozio non è sufficiente la prova che, attraverso l'alienazione di un bene, il debitore abbia inteso sottrarlo alla garanzia generica dei creditori, ma è necessario provare specificamente che questa alienazione sia stata soltanto apparente, nel senso che né l'alienante abbia inteso dimettere la titolarità del diritto, né l'altra parte abbia inteso acquistarla (Cass. 94/8188).

Nel caso in esame difetta la prova della esistenza dell'accordo simulatorio al momento della stipula dei due contratti di compravendita, non potendo tale prova ricavarsi dal documento datato 5.9.97, in forza del quale ha conferito a DC un mandato senza rappresentanza o "trust" affinché acquistasse i be-ni immobili oggetto del trasferimento, dato che il negozio fiduciario, sia quando venga preceduto da un atto di trasferimento del diritto del fiduciante al fiduciario sia quando non lo sia, per essere il fiduciario già titolare del diritto che si obblighi a trasferire all'altro contraente, è sempre un atto realmente voluto (Cass. 91/11025).

Ne discende che non può dichiararsi la simulazione assoluta dei contratti conclusi dalle parti convenute in data 8.11.99 e 16.11.99.

Neppure può ritenersi che gli atti di vendita conclusi da DC e da Y siano revocabili ai sensi dell'art. 2901 c.c.. I convenuti sin nella comparsa di risposta hanno assunto che gli atti pubblici per notar 1G del 8.11.99 e del 16.11.99 sono stati compiuti dal debitore DC in adempimento di una obbligazione, in particolare "in esecuzione di un negozio fiduciario ai sensi degli artt. 1706 e 1707 c.c. attualizzato con l'istituzione del trust", con la conseguenza che i beni immobili in questione non sono mai entrati a far parte del patrimonio del DC.

A sostegno di tale tesi difensiva i convenuti hanno prodotto il documento datato 5.9.97, con il quale DC, dando atto che Y gli ha rimesso lire 9.000.000 e lire 30.000.000 per l'acquisto degli immobili di cui ai punti a) e b), affinché egli potesse acquistare, quale suo mandatario senza rappresentanza, beni immobili siti in Cassino, precisamente il posto macchina distinto in catasto al ... ed il deposito garage al piano terra in NCEU ..., dichiara di costituirsi con tale atto trustee delle somme sopra indicate, come pure dei beni immobili nei quali le predette somme di denaro dovessero essere investite, specificando altresì che beneficiario del trust è r. La B in comparsa conclusionale ha dedotto motivi di nullità del trust, sostenendo al riguardo che a norma dell'art. 13 della Convenzione dell'Afa può riconoscersi validità al trust solo se questo è caratterizzato da collegamenti di diritto o di fatto (cd. elementi importanti) con un ordinamento straniero che conosca l'istituto del trust, sicché, poiché nel nostro ordinamento sarebbe possibile riconoscere efficacia ad un trust costituito su beni siti in Italia solo se sono presenti altri elementi di estraneità tali da giustificare la scelta di tale strumento, nel caso di specie il trust concluso dai convenuti sarebbe incapace di produrre effetti in quanto sia il trustee che il beneficiario sono cittadini italiani ed i beni devoluti in trust sono situati nel territorio italiano.

Ha inoltre dedotto che la inefficacia del trust deriverebbe anche dal fatto che il trust non avrebbe elementi di estraneità tali da giustificare la scelta della legge inglese come norma regolatrice del negozio e che in ogni caso gli effetti perseguiti con il trust sarebbero in contrasto con il disposto dell'art. 2740 c.c., che costituisce norma inderogabile dell'ordinamento italiano.

Le argomentazioni della B, pur costituendo ancora oggi oggetto di dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza, contrastano con l'orientamento giurisprudenziale ormai prevalente che riconosce piena operatività nel nostro ordinamento all'istituto del trust cd. interno (Trib. Parma, ord. 21.10.03, Trib. Bologna sentenza del 1.10.2003) e dunque la validità dell'atto attributivo dei beni al trust fund in forza della teoria, già accolta in giurisprudenza, secondo cui sono pienamente configurabili negozi traslativi atipici purché sorretti da causa lecita (Cass. 10612/91).

Come è noto, a seguito della ratifica da parte dell'Italia della convenzione del L'Afa del 1.7.1985, è ormai ritenuta legittima la costituzione di un trust cd. interno, in cui i beni conferiti nel trust sono situati in Italia ed il trustee ed il beneficiario hanno residenza in Italia, e non può conseguentemente sostenersi che tale istituto sia astrattamente incompatibile con il nostro ordinamento interno.

La Convenzione dell'Aja all'art. 6 stabilisce infatti che "il trust è regolato dalla legge scelta dal disponente, ma non richiede la presenza di altri elementi di estraneità ulteriori rispetto alla scelta della legge straniera applicabile, purché ovviamente il diritto applicabile ai sensi del citato art. 6) della convenzione conosca l'istituto del trust.

 L'art. 13 della medesima Convenzione, prevedendo la facoltà per gli Stati aderenti di escludere il riconoscimento dei trust interni, implicitamente fa ritenere che i cd. trust interni sono in astratto compresi nell'ambito di applicazione della disciplina della Convenzione del L'Aja.

Ciò comporta che al fine di salvaguardare l'autonomia privata può farsi ricorso all'art. 13 della Convenzione per negare riconoscimento al trust inter-no disciplinato da legge straniera solo quando risulti che l'istituto sia stato utilizzato per perseguire intenti fraudolenti e quindi quando l'istituto determini situazioni che sono in palese contrasto con l'ordinamento in cui il negozio deve operare. In applicazione di tali principi deve quindi ritenersi che i trust interni, seppure privi di elementi di estraneità, sono astrattamente riconoscibili, purché ovviamente richiamino, ai fini della loro regolamentazione, la legge di un ordinamento straniero che riconosca l'istituto del trust e sempre che non sia possi-bile desumere una volontà di frodare la legge.

Il riconoscimento del trust ovviamente non esime il giudice dall'esaminare la validità ed efficacia del trust accertando se la scelta del disponente sia abusiva, ossia se i suoi effetti tendono ad eludere norme imperative inderogabili con atto negoziale ovvero norme di applicazione necessaria, oppure se i suoi effetti sono in chiaro contrasto con l'ordine pubblico.

Sotto tale profilo la Banca per sostenere l'invalidità del trust ha dedotto il contrasto dell'istituto con la norma dell'art. 2740 c.c., considerata norma inderogabile dell'ordinamento italiano, in forza della quale eventuali limitazioni di responsabilità della garanzia patrimoniale del debitore sono ammesse solo nei casi stabiliti dalla legge.

Conformemente a quanto affermato da altri Tribunali di merito, ritiene questo giudice che “l'effetto segregativo prodotto dal trust nel patrimonio del trustee trova una sua legittimazione in virtù di specifiche disposizioni previste nella convenzione de L'Aja ed introdotte nell'ordinamento italiano con la legge di esecuzione. L'effetto segretativo, tipico ed essenziale nella struttura del trust, non è conseguenza della mera volontà delle parti, bensì discende da specifiche disposizioni normative, in particolare dall'art. 11 della medesima Convenzione, che afferma che tale riconoscimento implica, quantomeno, che i beni in trust rimangano distinti dal patrimonio personale del trustee" (Trib. Bologna sentenza del 1.10.03).

L'art. 11 della legge 364/89, avente identico contenuto dell'art. 11 della Convenzione, costituisce dunque l'eccezione di fonte legislativa al principio previsto dall'art. 2740 c.c..

La inapplicabilità dell'art. 2740 c.c. deriva quindi dagli artt. 2 e 11 della Convenzione, che espressamente prevedono che i beni conferiti in trust non en-trano nel patrimonio del trustee se non al fine di realizzare lo scopo indicato dal disponente e che rimangono di conseguenza separati dal suo patrimonio.

D'altro canto nel nostro ordinamento è prevista la possibilità di costituire patrimoni autonomi, come avviene nella ipotesi disciplinata dall'art. 1707 c.c., nella ipotesi prevista dall'art. 167 c.c., che vincola alle esigenze della famiglia i beni confluiti nel fondo patrimoniale, rendendoli non aggredibili dai creditori, o ancora nella ipotesi prevista dall'art. 1923 c.c., che sottrae le somme dovute all'assicuratore all'azione esecutiva dei creditori del contraente o del beneficiario, sicché non può sostenersi che il fenomeno della separazione patrimoniale costituisca una novità per il nostro ordinamento.

La B in comparsa conclusionale ha pure eccepito che il trust istituito dagli odierni convenuti è carente della giustificazione economico sociale dell'operazione negoziale attuata dal DC, e quindi della .indicazione del fine specifico perseguito dalle parti, e, sotto il profilo formale, che la data di sottoscrizione della lettera non può ritenersi certa in quanto non accompagnata dall'atto di autentica della sottoscrizione.

Sulla certezza della data del 5.9.97 apposta sul documento, deve rilevarsi che tale eccezione è stata tardivamente sollevata dalla B solo in comparsa conclusionale e quindi dopo la scadenza del termine preclusivo di cui all'art. 183 c.p. c.

Parimenti tardiva è la eccezione di difetto di trascrizione del trust, pure sollevata per la prima volta dalla B in comparsa conclusionale, considerato che tale eccezione non è rilevabile di ufficio, ma deve essere fatta valere dalla parte interessata (Cass. 78/1105).

Quanto invece alla questione della giustificazione causale del trust istituito dai convenuti, deve osservarsi che la causa che regge l'attribuzione è rinvenibile nella istituzione del trust, alla quale la stessa attribuzione è funzionale, e quindi può individuarsi nel primo e necessario atto di esecuzione del programma di trust, consistente nel trasferimento dei beni dal disponente al trustee, ovvero, alternativamente, nella causa unitaria del trust e cioè, ai sensi dell'art. 2 della convenzione de L'Aja, nel passaggio di proprietà di alcuni beni dal di-sponente al trustee affinché quest'ultimo li gestisca per un determinato periodo al fine di realizzare lo scopo indicato dal disponente.

Avendo il nostro ordinamento ratificato la convenzione del L'Aja, determinando, in presenza di alcuni presupposti, l'obbligo di riconoscere l'operatività del trust, nel valutare la causa degli atti in cui l'operazione di trust si sviluppa, non può ritenersi non idoneo, ai sensi dell'art. 1322 c.c., l'assetto causale di un trust interno.

Per le ragioni sopra esposte il trust interno costituito dar e dal trustee DC non può essere ritenuto invalido, in quanto non contrasta con norme imperative inderogabili o con principi di ordine pubblico.

I convenuti hanno invocato il trust per dimostrare che il trasferimento del-la proprietà dei beni immobili avvenuta con gli atti pubblici per notar IG del 8.11.99 e del 16.11.99 non è suscettibile di revocatoria.

In effetti, avendo DC, dopo avere concluso in data 5.9.97 il trust con Y, acquistato, come risulta dalle visure catastali prodotte dalla attrice, in esecuzione dell'incarico da quest'ultimo ricevuto con detto contratto gli immobili oggetto di causa, provvedendo successivamente a trasferire la loro proprietà a Y e, tale ultimo trasferimento non è revocabile, poiché la titolarità del diritto di proprietà dei beni immobili è stato acquistato da DC solo formalmente, mentre in sostanza titolare del diritto di proprietà è Y.

Trovandoci di fronte ad un patrimonio separato da quello personale di DC, questo non aggredibile dai creditori di quest'ultimo; il trasferimento de-gli immobili dal DC a Y rappresenta infatti per il primo l'adempimento di un debito scaduto, ossia l'adempimento dell'obbligo a ritrasferire la proprietà dei beni immobili acquistati, derivante a suo carico dal negozio di trust.

Poiché risulta dalle visure catastali depositate che DC ha acquistato i beni immobili da terzi in data successiva alla conclusione del trust, e precisamente in data 3.10.97 e 2.12.97, non può porsi in dubbio che gli atti successivi di ritrasferimento dei medesimi beni a 1", stipulati in data 8.11.99 e 16.11.99, costituiscono esecuzione della obbligazione assunta dal DC nel trust.

Per tali motivi, considerato che i beni immobili trasferiti con gli atti pubblici del 8.11.99 e del 16.11.99 non sono mai entrati a far parte del patrimonio di DC, i predetti atti pubblici non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'art. 2901 c.c.

La domanda attrice deve pertanto essere rigettata.

Le spese di lite, ivi comprese quelle di CTU, in considerazione della novità e della complessità delle questioni affrontate, devono essere interamente compensate tra le parti.

PQM

Il Tribunale di Cassino, definitivamente pronunciando nella causa civile n. 237/01 RG promossa dalla B con atto di citazione notificato il 26.2.01 nei confronti di DC e di Y, disattesa ogni altra eccezione o difesa, cosi provvede: a) rigetta la istanza di sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c.;

b) rigetta la domanda attrice;

c) compensa interamente tra le parti le spese di lite, ivi comprese quelle di CTU.

II

omissis

Con atto di citazione notificato il 9.9.04 la B spa [...] sulla premessa di vantare credito nei confronti della sig.ra SC, quale fideiussore della debitrice X corrente in Pescara (beneficiaria di anticipo su fatture presso la filiale di Alatri) pari ad curo 649.299,46 ed interessi, attestato dal decreto ingiuntivo n. ... provvisoriamente esecutivo emesso dal Tribunale di Frosinone, dedotto che costei aveva costituito con scrittura privata autenticata il 23.9.03 il trust denominato "S F" nominando trustee il sig. GC, e poi, con rogito del 5.4.04, aver ceduto ad esso diversi suoi immobili, conveniva in giudizio entrambi formulando le seguenti richieste: "Voglia il Tribunale adito, contrariis reiectis, preso atto del credito che l'attuale attrice vanta ed ha ragione di vantare: in via principale, dichiarare nulli, non riconoscibili, simulati o comunque di nessun giuridico effetto l'atto istitutivo del Trust denominato "S F" e, quindi, conseguentemente nulli o comunque inefficaci l'atto di trasferimento a rogito Notaio dS ... del 5.4.04, trascritto in data 28.4.04 e dell'atto di rettifica del 25.6.04 a rogito stesso Notaio ... trascritto il 29-6-04; in via subordinata, salvo gravame, dichiarare comunque l'inefficacia ai sensi dell'art 2901 c.c. nei confronti della B spa, per il credito da questa vantato e dedotto, dei suddetti atti con i quali la sig.ra SC ha inteso trasferire in favore del Trust "S F" e per esso al trustee GC, i beni immobili di cui in narrativa, con riserva del diritto di abitazione. Con ogni opportuno e prescritto provvedimento conseguenziale; con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio".

Costituitisi in giudizio, i sigg. SC e GC hanno invocato, preliminarmente, declaratoria della sospensione necessaria del processo in attesa degli esiti di quelli instaurati innanzi ai Tribunali di Frosinone Sez. distaccata in Alatri e di Roma per l'accertamento dell'effettivo ammontare del credito reclamato da ctparte contestato dalla sig.ra SC, e replicato eccependo il difetto di legittimazione passiva del Trustee l'inammissibilità e l'infondatezza della domanda di revocazione non ricorrendone i presupposti imposti dall'art 2901 c.c., nonché la piena validità ed efficacia in Italia del trust.

Concludevano, pertanto, chiedendo: "In via preliminare, sospendere il presente giudizio ai sensi dell'art 295 cpc in attesa della definizione di quelli pendenti innanzi all'intestato Tribunale di Roma e di Frosinone vertente tra l'odierna convenuta SC e l'attrice B spa, con giudizi iniziatisi nel 2004; per quanto in premessa esposto, previa dichiarazione di inammissibilità dell'azione revocatoria nei confronti del Trustee del Trust "S F'", dichiararne il difetto di legittimazione passiva; nel merito rigettare tutte le avverse domande in quanto inammissibili, infondate e pretestuose, ed in ogni caso perché insussistenti le condizioni dell'azione per mancanza dei presupposti oggettivi e soggettivi di cui all'art 2901 c.c.; in ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari".

Intervenuto volontariamente prima dell'udienza fissata ex art 183 cpc, il SPI spa, premesso di vantar anch'esso credito per euro 307.109,68 oltre interessi nei confronti della sig. SC quale fideiussore della C srl in forza di esposizione su analogo rapporto di anticipo fatture così come riconosciuto nel d.i. n. ... provvisoriamente esecutivo emesso dal Tribunale dell'Aquila, formulava nei confronti dei due convenuti le identiche conclusioni della B, in proprio favore, così come sopra trascritte.

Con ordinanza resa il 13.2.06 il G.I., ritenuta la causa matura per esser decisa sulla scorta della documentazione versata in atti, fissava l'udienza per la precisazione delle conclusioni al 28.9.06.

Il 27.9.06 interveniva in giudizio anche l'U B spa la quale, premesso di esser anch'essa creditrice della sig.ra SC per euro 1.911.009,80 oltre spese giusto d.i. n. ... emesso dal Tribunale dell'Aquila, formulava in proprio favore le stesse conclusioni nei confronti di costei e del sig. GC già — come sopra trascritte — espresse dalla B e condivise dal SPI spa.

All'udienza del 28.9.06, dunque, la causa era trattenuta in decisione con i termini di cui all'art 190 c.p.c. su tali rispettive conclusioni come sopra trascritte.

* * *

In attesa che la Suprema Corte abbia occasione di pronunciarsi in argo-mento, appare persuasivo il prevalente orientamento dottrinale e giurisprudenziale di merito che riconosce alla stipula da parte del nostro Paese della Convenzione dell'Aia delP1.7.85 ed alla successiva legge n. 364/1989 (con efficacia dal 1992) di sua ratifica interna il sostanziale e generale riconoscimento da parte dell'Italia dell'istituto del trust, creato dai tribunali di equità dei paesi della common law, ciò anche nella c.d. ipotesi del trust interno, quello caratterizzato dal carattere nazionale di diversi elementi costitutivi, quali le residenze del trustee e del settlor, l'ubicazione in Italia dei beni conferiti e della realizzazione degli obiettivi del trust.

Ciò per la obiettiva e ragionevole necessità di evitare — altrimenti in forza della più stringente lettura del disposto di cui all'art 13 della Convenzione — sempre e comunque di ritenere la non riconoscibilità del trust interno, nonostante che le disposizioni degli artt 6 e 7, relative alla normativa applicabile, lascino chiaramente intendere non esser necessaria la condizione di appartenenza a cittadinanza non italiana dei protagonisti, nonostante l'implicito riconoscimento da parte degli Stati firmatari della compatibilità del trust (nel suo nucleo essenziale definito dall'art 11: la c.d. "segregazione del patrimonio") con i rispettivi ordinamenti interni, nonostante la preesistenza di altre ipotesi legali di limitazione della responsabilità patrimoniale ex art 2740 comma 2° c.c. nel nostro ordinamento, quali quelle previste dagli artt 167 c.c., 1707 c.c., 1881 c.c. ecc., motivi tutti inducenti — quindi — ad aderire all'opposta tesi della riconoscibilità nel nostro ordinamento anche del c.d. trust domestico.

Sicché, il disposto dell'art 13 della Convenzione non può che esser letto quale mera facoltà concessa allo Stato — con riferimento tanto al legislatore quanto all'autorità giudiziaria - di negar riconoscimento al trust domestico sol nell'ipotesi in cui la sua costituzione in concreto abbia realizzato un palese intento di frodare la legge interna; con l'avvertenza, però, che sol quando il contrasto con l'ordinamento nazionale ecceda le ipotesi disciplinate dai successivi art 15, 16 e 18 potrà esser dichiarata la non riconoscibilità in toto del trust, altrimenti, dovendo il giudice operare i correttivi previsti da dette norme.

Cosi, nell'ipotesi (prevista dall' art 15 lett e) in cui la disciplina del trust si ponga in contrasto con norme interne inderogabili predisposte per "la protezione di creditori in caso di insolvibilità", ove tali norme siano di ostacolo al riconoscimento del trust "il giudice cercherà di realizzare gli obiettivi del trust con altri mezzi giuridici".

Ora, nel nostro caso — proprio in considerazione di quanto detto in ordine al nucleo stesso dell'istituto come definito dall'art 11, quello di produrre la "segregazione del patrimonio" assegnato — non può certo individuarsi in tal aspetto concretamente riprodotto dai convenuti nell'istituire il "S F" il motivo di contrasto con l'ordinamento italiano.

Così come il fatto che nell'atto costitutivo sia stata prevista la riserva in capo alla disponente sig.ra SC dei poteri da attribuirsi poi al guardiano (di fatto di ostacolo al compimento di non condivisi atti di straordinaria amministrazione prospettati dal trustee tali da cedere a terzi diritti reali o di godimento sui beni del trust) di per sé, per quanto molto significativo per quanto si dirà in seguito, non appare determinante l'invalidità dell'istituzione, ciò nemmeno alla luce dell'allegata disposizione della normativa straniera richiamata, quella del Jersey, che fa divieto di contemporaneamente "cedere e trattenere", in quanto detta norma qui adottata non nega in sé il conferimento e la disponibilità dei beni per gli obiettivi del trust quanto, in linea anche con la norma di cui all'art 8 lett d) della Convenzione , disciplina/limita i poteri del trustee di compiere detti atti di straordinaria amministrazione.

Detto questo con riferimento alla non accoglibilità dell'invocata pronuncia di declaratoria di non riconoscibilità/nullità del trust di cui ci occupiamo, in ordine alla subordinata l'attenzione va spostata sugli atti di trasferimento/rettifica delle proprietà immobiliari da parte della sig.ra Saccucci al trust, e tale indagine in ordine alla loro validità ed efficacia — anche alla luce del disposto dell'art 4 della Convenzione sarà svolta secondo gli istituti propri del nostro ordinamento, tra i quali quello legittimamente invocato di cui all'art 2901 c.c.: da tempo ritenuto opponibile, nella ricorrenza delle circostanze, anche alla comparabile istituzione del fondo patrimoniale ex art 167 c.c..

Anche sotto tale profilo non può non ravvisarsi la passiva legittimazione del trustee sig GC per aver questi, ai sensi dell'art 11 della Convenzione così come dell’art 27 lett b) dell'atto istitutivo il trust, capacità processuale attiva e passiva in relazione ai beni in trust.

Ebbene, l'azione revocatoria merita accoglimento per esserne stati dimostrati in giudizio i presupposti.

Non può esser posta in dubbio la sussistenza del primo, ovvero del credito pur contestato, così come sancito nel decreto ingiuntivo in data 31.7.04 emesso dal Tribunale di Frosinone Sezione di Alatri nei confronti della convenuta in virtù dei rapporti bancari parimenti qui documentati dall'attrice.

Per altro, le SS. UU. della Suprema Corte regolatrice con la sent. n. 9440/04 hanno precisato: "poiché anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l'insorgere della qualità di creditore che abilita all'esperimento dell'azione revocatoria, avverso l'atto di disposizione compiuto dal debitore, il giudizio promosso con l'indicata azione non è soggetto a sospensione necessaria a norma dell'art 295 cpc per il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto l'accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta la do-manda revocatoria, in quanto la definizione del giudizio sull'accertamento del credito non costituisce l'indispensabile antecedente logico giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria"

In ordine, poi, al pregiudizio arrecato dagli impugnati atti di disposizione alla garanzia patrimoniale che assiste il credito ex art 2740 c.c. (c.d. eventus damni) occorre premettere, conformemente al costante ed autorevole insegnamento della Suprema Corte, che esso è da considerarsi integrato senza la necessità che tale atto dispositivo abbia reso impossibile la realizzazione del credito, essendo bastevole che con esso si sia determinata maggior difficoltà o incertezza nell'esazione coattiva del credito (Cass n. 12678/01; 12144/99, 6777/95).

Tanto è certo a dirsi nel caso che ci occupa, la cessione dell'intero suo patrimonio immobiliare da parte della debitrice sig.ra SC certo avendo posto seri li-miti all'esecuzione nei suoi confronti, avendo provocato di fatto l'azzeramento o la pressoché totale riduzione della garanzia patrimoniale generale nei confronti della creditrice.

Nemmeno va sottaciuto, poi, che — giusto quanto sopra detto in ordine alla corretta interpretazione dell'eventus damni — sarebbe spettato ai convenuti dimostrare che l'atto dispositivo non aveva affatto inciso sull'integrità della garanzia costituita dal patrimonio del debitore: "In tema di azione revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fonda-mento dell'azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l'onere di provare l'insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell'azione di revocazione, che eccepisca la mancanza, per questo motivo, dell'”eventus damni”." (Cass Sez III n. 19963/05 e Sez I n.15257/04).

Onere al quale gli odierni convenuti non hanno minimamente assolto, nulla al riguardo essi avendo allegato.

Con riferimento, infine, all'elemento psicologico, trattandosi qui di atto dispositivo a titolo gratuito realizzato posteriormente all'insorgenza del credito, l'art 2901 n.1) c.c. stabilisce che, per poter agire in revocatoria, occorre che il creditore dimostri che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle sue ragioni (c.d. scientia damni) e non anche la dolosa preordinazione a tal fine dell'atto da parte del debitore medesimo.

A tal proposito, è principio giurisprudenziale assolutamente condivisibile quello per cui "In tema di azione revocatoria ordinaria, allorché l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, l'unica condizione per l'esercizio della stessa è che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio per le ragioni del creditore, e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo. La prova di tale atteggiamento soggettivo ben può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito, ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguata-mente motivato ed immune da vizi logici e giuridici." (Cass Sez III n. 7452/00, 14274/99).

"Il presupposto soggettivo dell'azione revocatoria, che nell'ipotesi di atto successivo al sorgere del credito e' costituito dalla "scientia fraudis", può essere dimostrato anche con il ricorso a presunzioni aventi i requisiti di cui all'art. 2729 cod. civ.." (Cass Sez III n. 6272/97; 8581/96).

Pertanto, nel nostro caso - considerato che la SC, amministratrice della società debitrice principale si liberò dell'intero suo patrimonio immobiliare proprio quando la C s.r.l. stava ottenendo (in virtù anche della sua ampliata garanzia fideiussoria) ulteriori e maggiori affidamenti, pensando poi bene (con l'atto di rettifica) di farsi autorizzare dal trustee il riconoscimento del vitalizio diritto di abitazione sui fabbricati già ceduti al trust non può che dirsi ampiamente dimostrata l'assoluta e piena consapevolezza dell' eventus damni in capo ai convenuti.

Ed infatti, la cessione avvenne quando già l'esposizione con la B (idem est riguardo le altre banche qui intervenute) aveva assunto rilevanti dimensioni, la SC, col consenso del sig GC, avendo disposto del suo patrimonio in modo da conservare la facoltà di impedire che il trustee potesse alienare a terzi diritti sui beni conferiti, e conservando il diritto di abitarli.

Si evidenzia, dunque, il precipuo suo intento, palesemente partecipato dal GC (è ciò comporta la piena accoglibilità della domanda pur ove si opinasse la onerosità del trust) di porre il bene al riparo dall'esecuzione della Banca.

In ogni caso, stante l'inconsistenza di altri cespiti, non poteva non esser palese ai medesimi il pregiudizio conseguente alle ragioni della creditrice.

Per tutte le su esposte motivazioni, sono stati dimostrati gli elementi della richiamata fattispecie e, pertanto, in accoglimento della domanda, è dichiarata la revocatoria degli atti notarili sopra descritti in favore dell'attrice B. Per le identiche ragioni meritano accoglimento altresì le analoghe domande di revocatoria proposte avverso quegli stessi atti dispositivi nel presente processo sia dal SPI spa sia dall'U B spa, anche per tali istituti le vicende del rapporto con la C s.r.l. e con la sua amministratrice-fideiubente sig.ra SC essendosi dispiegate nei medesimi termini di successione temporale.

Non può ostare all'ammissibilità della domanda proposta da quest'ultima il fatto che detta banca si sia costituita sol per l'udienza di precisazione delle conclusioni.

Ed infatti, come ben posto in luce dalla Suprema Corte: "La formulazione della domanda costituisce l'essenza stessa dell'intervento principale e litisconsortile sicché la preclusione sancita dall'art 268 c.p.c. (in virtù del quale il terzo intervenuto nel processo non può svolgere l'attività istruttoria preliminare e probatoria che la fase eventualmente avanzata del procedimento non consenta alle altre parti) non si estende all'attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non è operante il divieto di proporre domande nuove che vincola le parti originarie (artt 167 e 183 c.p.c.)" (Cass Sez I n. 4771/99).

Nel merito, i crediti di detti altri due istituti intervenuti sono stati parimenti allegati in base a decreti ingiuntivi. Segue per legge alla soccombenza la condanna dei convenuti al rimborso delle spese anticipate dall'attrice e dagli intervenuti per la lite, così come si liquidano in dispositivo, giuste notule, avuto riferimento allo scaglione della tariffa forense corrispondente al valore dei rispettivi crediti alla cui tutela le azioni erano diretta (art 6 DMG n. 127/04), tenuto conto delle differenti attività processuali assistite in base al differente momento della partecipazione al processo.

p.q.m.

il Giudice, definitivamente pronunciando sulla controversia promossa dalla B spa, avverso i sigg SC e GC, con l'intervento del SPI spa e dell'U B spa, ogni ulteriore e diversa istanza ed eccezione disattesa:

- in accoglimento delle relative domande dell'attrice e degli interventori, dichiara, ai sensi dell'art 2901 c.c., inefficace nei confronti della Banca attrice e di quelle intervenute, per i rispettivi crediti da ciascuna di esse dedotti, dell'atto per Notar M. dS di Cassino del 5.4.04 (rep. ..., Racc. ...) trascritto il 28.4.04 presso la Conservatoria di Frosinone (Reg. Part.... ) e del successivo atto di rettifica del 25..6.04 a rogito stesso Notaio (Rep. Racc. ...) trascritto il 29.6.04 presso la Conservatoria di Frosinone (Reg. part. ...) con i quali la sig.ra SCi ha inteso trasferire in favore del Trust "S F" , e per esso al Trustee GC, i beni immobili di cui in narrativa, con successiva riserva del diritto di abitazione;

- condanna i soccombenti convenuti a rimborsare alle ctparti vittoriose le spese da queste anticipate per la lite come di seguito liquidate: […]

****

I due recenti provvedimenti sopra riportati affrontano fattispecie assai diverse, accomunate dal ricorso allo strumento del trust che, per effetto del recepimento della Convenzione de L'Aja del 1985, è pienamente riconosciuto nell'ordinamento interno, pur suscitando notevoli dubbi interpretativi circa l'adattabilità dei suoi caratteri peculiari ai principi generali in materia di responsabilità patrimoniale.

1. Le fattispecie in esame.

1.1- Nel primo dei due casi sottoposto al vaglio del Tribunale di Cassino un Istituto bancario aveva proposto domanda principale di simulazione e, in via subordinata, di revocatoria ex art. 2901 c.c. nei confronti di un suo debitore che aveva alienato immobili in favore di un terzo, assumendo che l'atto di trasferimento sarebbe stato realizzato al solo scopo di impedire all'attrice di aggredire il patrimonio del debitore. I convenuti eccepivano che l'atto di trasferimento era stato posto in essere in quanto il debitore, nominato trustee da parte del terzo in epoca anteriore ai fatti di causa, aveva assunto l'obbligo di acquistare e poi trasferire al disponente i beni immobili in adempimento di un negozio fiduciario ex artt. 1706 e 1707 c.c. La vendita in favore del terzo avrebbe costituito adempi-mento di un obbligo assunto dal debitore due anni prima del successivo trasferimento, per cui i beni venduti non sarebbero mai entrati nella sfera giuridica del fiduciario.

La domanda di simulazione è stata rigettata in considerazione del fatto che l'attore non ha fornito alcuna prova circa l'accordo simulatorio asseritamente posto in essere, essendo stato invece dimostrato che le parti avevano realmente voluto trasferire i beni immobili.

Anche gli atti di trasferimento impugnati non sono stati considerati revocabili, in quanto i beni trasferiti non potevano essere considerati come parte del patrimonio del debitore, per essere stati acquistati con il denaro del terzo in adempimento di un obbligazione precedentemente assunta.

1.2- Nella seconda fattispecie altro Istituto bancario conveniva in giudizio un disponente di trust ed il trustee per sentir dichiarare la simula-zione, ovvero l'inefficacia dell'atto di trasferimento del patrimonio immobiliare della disponente-debitrice in favore del trust all'uopo costituito.

I convenuti eccepivano la piena validità del trust, realizzato secondo il dettato normativo, e comunque l'irrevocabilità del successivo atto di trasferimento, perché posti in essere al fine di adempiere l'obbligazione ex lege di mantenimento della prole della disponente, beneficiaria diretta del trust.

Pur riconoscendo piena validità al trust così come effettuato dalla debitrice convenuta, il Tribunale di Sora accoglieva la domanda revocatoria considerando che l'atto di trasferimento, certamente pregiudizievole per le ragioni del creditore, era stato posto in essere con co-sciente volontà di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore.

2. L'ammissibilità del trust. I provvedimenti sopra richiamati attribuiscono, correttamente, piena validità all'istituto del trust, in considerazione del recepimento della Convenzione de L'Aja dell'1-7-1985, avvenuto mediante la legge di ratifica del 16-10-1989 n. 364, entrata in vigore dal 1-1-1992.

In forza di tale Convenzione lo Stato Italiano si è obbligato al riconoscimento di un istituto, soggetto alla legge regolatrice scelta dal disponente (settlor), descritto nelle sue minime caratteristiche strutturali dall'art. 2 della predetta Convenzione: la istituzione di un patrimonio separato costituito da beni e/o diritti che vengono trasferiti al trustee insensibili alle vicende patrimoniali di quest'ultimo (art. 11 Conv.) e che lo stesso ha il potere-dovere di amministrare, gestire o disporre secondo i termini del trust e le norme particolari imposte dalla legge.

L'introduzione di uno schema negoziale tipico dei sistemi di Common Law ha creato invero diversi dubbi interpretativi (nonché note-voli critiche della dottrina soprattutto concernenti le modalità di tale recepimento "asettico") derivanti dalla necessità di adattare un istituto giuridico totalmente estraneo all'ordinamento interno ed ai principi generali che lo caratterizzano[1].

Per quello che qui interessa, la principale problematica riguardante l'ammissibilità dell'effetto segregativo tipico del trust[2] (e ciò soprattutto con riferimento ai c.d. trust interni, il cui elemento di estraneità è rappresentato dalla sola legge regolatrice) sembra essere stata positivamente e definitivamente risolta dal consolidato filone giurisprudenziale cui le sentenze in esame si allineano quasi acriticamente.

Del resto l'evoluzione legislativa italiana sembra muoversi nel medesimo senso, solo considerando figure assai simili di destinazione patrimoniale sia nell'ambito del diritto societario che del diritto di famiglia[3].

Le pronunce non hanno mancato di osservare che la trasposizione dell'istituto all'interno dell'ordinamento non esclude la necessità che si proceda ad una verifica concreta circa l'eventuale contrasto dell'atto istitutivo con il sistema giuridico che lo recepisce.

Nel primo dei due casi, però, l'indagine si è arenata sulla constatazione che l'eccezione di inammissibilità era stata tardivamente proposta e, comunque, era indirizzata all'accertamento della violazione dell'art. 2740 c.c. Sotto tale aspetto è stato affermato che nessuna critica può essere mossa all'atto istitutivo in quanto l'effetto segregativo costituisce "la caratteristica tipicamente "legale" dell'istituto". Anche l'eccezione sulla carenza della giustificazione economico sociale dell'operazione negoziale attuata e, quindi, del fine specifico perseguito dalle parti, è stata risolta con la considerazione che la giustificazione causale è rinvenibile nella stessa esecuzione del trust e nella autonomia contrattuale riconosciuta dal nostro ordinamento in base all'art. 1322 cc.

Nel secondo caso, invece, si è proceduto alla verifica della meritevolezza dell'atto istitutivo sotto altri profili. In proposito è opportuno segnalare che l'interpretazione giurisprudenziale data dell'art. 13 della Convenzione[4] è quella di escludere la riconoscibilità del trust che sia stato utilizzato per fini esclusivamente fraudolenti o abusivi[5].

A ben vedere, il Tribunale di Sora sembra aggiungere qualcosa in più rispetto alle precedenti pronunce in materia, distinguendo tra l'ipotesi in cui l'atto dispositivo sia "ripugnante" (e, come tale, non riconoscibile nell'ordinamento interno -art. 13 Conv.) dai casi in cui l'atto tenda all'elusione di norme imperative inderogabili (art. 15 Conv.) e/o di norme di applicazione necessaria (art. 16 Conv.) oppure quando gli effetti appaiano in manifesto contrasto con l'ordine pubblico (art. 18 Conv.), ben potendo in questi casi il Giudice tentare di realizzare gli obiettivi del trust con altri mezzi giuridici. Il controllo del Giudicante dovrà quindi indirizzarsi nel duplice senso dell'accertamento della invalidità dei trust ripugnati per l'ordina-mento (art. 13 Conv.), ma anche dell'ulteriore verifica della violazione di norme cogenti, non superabili dalle disposizioni introdotte con la Convenzione (artt. 15, 16 e 18).

Quanto al primo piano di indagine, è certo che l'effetto segregativo non può essere ritenuto in contrasto con l'ordinamento (e nello specifico con l'art. 2740 c.c.) nella misura in cui è la stessa legge di recepimento (art. 11 L. 386/89) che attribuisce alla caratteristica peculiare del trust il valore di eccezione di fonte legislativa[6]. Sotto tale aspetto entrambe le pronunce seguono il medesimo percorso logico-deduttivo, assolutamente condivisibile.

È innegabile, d'altro canto, che sotto l'altro piano d'indagine la segregazione patrimoniale dovrà essere considerata negativamente quando l'intento concreto delle parti sia quello di utilizzare lo schema negoziale astrattamente ammissibile (al pari di altri istituti di derivazione interna come il fondo patrimoniale) al solo scopo di frodare le ragioni dei creditori.

3. Revocatoria e trust.

Il creditore potrà quindi trovare tutela in tutti quei casi in cui lo strumento transnazionale sia utilizzato per finalità ripugnanti per l'ordinamento.

Lo stesso art. 15 della Convenzione individua alcune materie in cui il controllo del Giudice potrà rivelare un contrasto tra la dichiarazione di volontà e i limiti inderogabili dell'impianto normativo generale. Tra di essi c'è anche il richiamo alle disposizioni poste a tutela dei creditori.

A ben vedere la norma non sembra aggiungere alcunché di nuovo rispetto al sistema vigente. L'applicabilità delle disposizioni poste a tu-tela del creditore, e quindi l'esperibilità dell'azione revocatoria piuttosto che dell'azione di simulazione, è assolutamente pacifica nella misura in cui siano accertati i presupposti previsti dalle norme in questione. E così, se nel caso più recente è stato opportunamente dichiarato inefficace l'atto di trasferimento posto in essere dai convenuti essendo stata accertata la sussistenza dei requisiti di legge[7], nella pronuncia più risalente il Giudice ha ritenuto che tali elementi non ricorressero (e comunque non fossero stati provati), non potendosi configurare un pregiudizio alle ragioni del creditore per effetto dell'alienazione di un bene che non è mai materialmente pervenuto nella disponibilità del debitore-alienante[8].

4. Spunti riflessivi.

L'introduzione del trust nel nostro ordinamento non deve essere considerata negativamente per la possibile minaccia che può derivare alla tutela dei creditori.

Come hanno chiarito le due sentenze analizzate il riconoscimento del predetto istituto non esime il Giudice dall'esaminare la validità ed efficacia del trust in concreto attuato: l'istituzione del trust giustifica in senso lato l'operazione negoziale che si vuole realizzare, ma, allorquando tale operazione sia sottoposta al vaglio del Giudicante, deve esserne sempre verificato, lo scopo al fine di evitare che il nuovo schema negoziale possa essere impiegato per frodare i creditori, controllando se effettivamente e concretamente derivi un lecito interesse per il beneficiario del trust.

D'altronde non si possono alzare barriere concettuali per cercare di bloccare situazioni sempre più crescenti nell'ordinamento nazionale ed internazionale che rispondono ad un'esigenza economica di profitto ed efficienza e che sono realizzabili mediante la creazione di patrimoni destinati alla soddisfazione di determinati scopi.

All'uopo basti pensare alla costituzione da parte dei genitori di un trust unicamente per la tutela del loro figlio portatore di handicap[9]. Tale soluzione appare in grado di superare alcuni limiti propri del fondo patrimoniale: quello dello scioglimento del fondo alla morte dei genitori (a meno che il figlio non sia minorenne) e quello derivante dall'impossibilità di destinare il fondo soltanto al figlio portatore di handicap. Peraltro il trust è in grado di resistere alle domande dei legittimari, che risulteranno beneficiari finali del patrimonio eventualmente residuato alla morte del fratello portatore di handicap. Dunque, attraverso lo schema negoziale del trust si riesce a fornire cura, assistenza e tutela al più debole direttamente dalla famiglia dello stesso ed anche dopo la morte dei suoi genitori.

In sostanza il nuovo istituto giuridico può rappresentare un valido strumento per la tutela di interessi economici ed etici di vario genere, ma sul suo specifico impiego dovrà attentamente vigilare l'Autorità giudicante.



[1] A tal proposito, a titolo di esempio, basti pensare alla profonda differenza tra i paesi di common law, nei quali sono espressamente vietate forme di pubblicità immobiliare o in altri registri, e paesi di civil law in cui sono al contrario previste forme di pubblicità obbligatorie, con le conseguenti iniziali difficoltà interpretative dell'ars 12 della Convenzione alla luce della specifica regolamentazione di cui agli artt. 2643 e ss. cc., oggi ampiamente superate dalla giurisprudenza (cfr. Trib. Chieti 10/03/2000 e Trib. Bologna 18/04/2000, entrambe in Trusts, 2000, p. 372)

[2] Recita l'art. 11 della Convenzione dell'Ala: "Un trust costituito in conformità alla legge specificata al precedente capitolo dovrà essere riconosciuto come trust. Tale riconoscimento implica quanto meno che i beni del trust siano separati dal patrimonio personale del trustee, che il trustee abbia le capacità di agire in giudizio ed essere citato in giudizio, o di comparire in qualità di trustee davanti a un notaio o altra persona che rappresenti un'autorità pubblica. Qualora la legge applicabile al trust lo richieda, o lo preveda, tale riconoscimento implicherà, in particolare: a) che i creditori personali del trustee non possano sequestrare i beni del trust; b) che i beni del trust siano separati dal patrimonio del trustee in caso di insolvenza di quest'ultimo o di sua bancarotta; c) che i beni del trust non facciano parte del regime matrimoniale o della successione dei beni del trustee; d) che la rivendicazione dei beni del trust sia permessa qualora il trustee, in violazione degli obblighi derivanti dal trust, abbia confuso i beni del trust con i suoi egli obblighi di un terzo possessore dei beni del trust rimangono soggetti alla legge fissata dalle regole di conflitto del foro."

[3] Si ricordi, inoltre, la L. 130/99 sulla cartolarizzazione dei crediti, in cui viene prevista la possibilità di dissociare rispetto allo stesso soggetto la proprietà dei beni dalla garanzia generica per i creditori personali dello stesso. Il fenomeno dei patrimoni separati è ben risalente, basti pensare al peculium o, meglio, alla merx peculiaris del diritto romano: un parer familias poteva concedere una parte del suo patrimonio (per fini imprenditoriali) al filius e/o al servus, di cui rimaneva titolare, che tuttavia non era aggredibile dai suoi creditori personali, proprio in forza dell'avvenuta separazione dalla res dominica.

 

[4] Che recita testualmente: "Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi importanti, ad eccezione della scelta della legge da applicare, del luogo di amministrazione e della residenza del trustee sono più strettamente connessi a Stati che non prevedono l'istituto del trust o la categoria del trust in questione" (traduzione non ufficiale).

[5] In tal senso, Tribunale di Bologna n. 4545 del 30-9-2003.

[6] Non sembra però convincere fino in fondo quanto affermato dal Tribunale di Sora circa l'irrilevanza della norma straniera regolatrice del trust, che espressamente vieta la crea-zione di un trust in cui il disponente mantenga la materiale disponibilità del bene conferito, svuotando di fatto la posizione del trustee (donner et retenir ne vaut).

[7] L' eventus damni è rappresentato dalla impossibilità materiale di aggredire dei beni formalmente alienati in favore del trustee. La scientia damni è data dalla semplice consapevolezza del pregiudizio che l'atto avrebbe arrecato alle ragioni del creditore.

[8] La sentenza di Sora non ha mancato di considerare che l'atto di trasferimento in favore del trust deve essere considerato come atto a titolo gratuito, mancando totalmente il corrispettivo dell'alienazione. Ne è conseguito che ai fini dell'accertamento dei presupposti per l'esercizio dell'azione revocatoria è stato considerato irrilevante l'elemento psicologico del trustee.

[9] Sul punto, G. Garrone, Soggetti deboli in famiglia e trust quale tutela etica, Atti del Convegno di Studio "Il trust quale legittimo strumento di tutela del patrimonio" del 13/03/2003, Palazzo di Giustizia Torino.


Autore: dott.ssa Giulia Arcese 02 giu, 2023
La nuova formulazione dell’art. 473 bis 49 c.p.c., introdotto con la c.d. “Riforma Cartabia” (D.Lgs 10 ottobre 2022 n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197), prevede la facoltà di proporre la domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio contestualmente alla domanda di separazione personale dei coniugi. In altre parole, è ora possibile presentare con un unico atto introduttivo le domande di separazione e divorzio, che saranno affrontate dallo stesso Giudice, con riduzione delle tempistiche e alleggerimento delle procedure rispetto alla normativa previgente. Il ricorso dovrà essere completo dell’allegazione dei fatti e di tutti i mezzi di prova di cui il richiedente intende valersi, relativamente a entrambe le domande promosse.
Autore: Galella Avv. Gianfranco 02 giu, 2023
SURROGAZIONE LEGALE DELL'ASSICURATORE IN R.C.A. Tribunale civile di Frosinone in composizione monocratica Sentenza n.46/2002 del 10-1-2002 Dott. Bracaglia Morante - Attore CONSAP s.p.a.- Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici, Ente gestore del Fondo di Garanzia Vittime della Strada (contro G. A. e G. M., convenuti contumaci)
Autore: Galella Avv. Gianfranco 02 giu, 2023
L’interposizione fittizia di persona ha come necessario presupposto la partecipazione all'accordo simulatorio di tutti i soggetti interessati, intesa, quanto al terzo contraente, come consapevole (anche se non necessariamente contestuale) adesione all'accordo stesso; mentre la mancata conoscenza, da parte del terzo, degli accordi intercorsi tra interponente ed interposto (ovvero la mancata adesione ad essi, pur se da lui conosciuti), integra gli estremi della (diversa) fattispecie della interposizione reale di persona. Ne consegue che, dedotta in giudizio la simulazione relativa soggettiva di un contratto di compravendita immobiliare, la prova dell'accordo simulatorio deve, necessariamente, consistere nella dimostrazione della partecipazione ad esso anche del terzo contraente.
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